[Questa, ridi e scherza, è la sessantesima giornata di Gara delle canzoni di Battiato. Da due mesi non facciamo altro che ascoltare Battiato, come va? Ho sentito dire che c'è una crisi di governo, povera patria].
1965, 2008: E più ti amo (Amurri, Barrière, Ferrari, Pallavicini, #38)
"Ricordo bene quando venni ingaggiato la prima volta per quei dischi. Il maestro mi fece un provino di qualche secondo; cantai una sola strofa. "Basta, va bene!", e mi convocò per il giorno successivo in sala d'incisione. Mi presentai incosciente: era la prima volta che entravo in un posto del genere. Il pezzo era E più ti amo di Alain Barrière. Mi misi la cuffia. Il maestro mandò la base. Finii di cantare. Mi disse che andava bene. Per me era un successo. Quel giorno ho capito che cantare e fare musica sarebbe diventato il mio mestiere" (Tecnica miste su tappeto, 1992).
Battiato non amava i suoi dischi degli anni Sessanta. Non gradiva che li ristampassero: si oppose con fermezza a una riedizione ragionata del 33 giri fantasma del 1969. Non li fece inserire nel suo sito ufficiale e non li reinterpretò mai, con una sola eccezione. Questa eccezione purtroppo è una canzone d'amore abbastanza ordinaria ma che per Battiato doveva avere avuto un'importanza fondamentale: con E più ti amo aveva capito che avrebbe potuto farcela. Avrebbe vissuto di musica. Non sarebbe stato facile (nel 1965, oltre a incidere questi flexi disc annessi alla Nuova Enigmistica Tascabile, li recapitava nelle edicole in quanto fattorino della stessa NET) ma sarebbe stato il suo mestiere. Battiato sostiene di "ricordare bene" la circostanza, ma a guardare le date il primo flexi a uscire sarebbe stato L'amore è partito, il 20 febbraio, mentre E più ti amo sarebbe uscito soltanto il 27 marzo (e come lato B). C'è però un altro dettaglio da non sottovalutare, ovvero: L'amore è partito è cantata abbastanza male; sembra difficile pensare che Battiato abbia vinto un ingaggio con una prova del genere. Laddove E più ti amo è veramente la dimostrazione che questo ragazzo sa cantare: non solo la voce è educata ed espressiva, ma si ha la sensazione che Battiato stia modulando il suo timbro per assomigliare il più possibile all'originale che sta imitando – ricordiamo che questi flexi disc sono imitazioni, la gente li portava a casa per avere una versione simile all'originale ma a prezzo scontato. Questo originale non è, come molti scrivono, Gino Paoli, ma lo stesso Alain Barrière che aveva inciso la canzone in un buon italiano con un'affascinante cadenza straniera: ecco, anche Battiato riesce a dare alla sua interpretazione un accento 'altro', e se non sembra un cantante francese, non sembra nemmeno del tutto italiano (ecco uno dei rari casi in cui la fonetica siciliana poteva risultare un vantaggio).
Quarantaquattro anni dopo, Battiato decide di reincidere la canzone nel suo terzo CD di cover, riconoscendo così per la prima volta la continuità sotterranea tra i suoi Fleurs e la precoce carriera d'interprete negli anni Sessanta. La nuova E più ti amo è uno degli episodi più interessanti di Fleurs 2 per come è strutturata: c'è un Battiato contemporaneo che suona la strofa, sull'ottava più bassa, che rapidamente si sviluppa e rivela al suo interno il Battiato giovane, sull'ottava alta, annunciato dalla gioiosa quintina di pianoforte che scampanellava nella versione del 1965 (quasi un campionamento). Come dire che dentro di noi, da qualche parte, c'è ancora il nostro io di vent'anni, anche se di solito preferiremmo che non si vedesse troppo. Perlomeno Battiato per molto tempo ha fatto di tutto per nasconderlo, e soltanto in questo caso ha deciso di esibirlo. Giusto il tempo di due ritornelli.
1972: La convenzione (Albergoni/Battiato, #219)
Centinaia di anni fa l'uomo viveva sulla terra. Cronologicamente, La convenzione è a metà strada tra Fetus e Pollution, di cui forse anticipa la trama: nel 2000 è successo qualcosa ("la convenzione"), l'umanità si è sparsa sui pianeti e sotto gli oceani. In realtà questo singolo diverge da entrambi gli album in una direzione diversa che Battiato si rifiutò di prendere. Quando parliamo di fase prog, rischiamo un equivoco: negli anni in cui il prog era una nicchia di mercato in espansione, Battiato non era così prog. Avrebbe potuto essere molto più prog. Pino Massara, Gianni "Frankenstein" Sassi, lo avrebbero preferito molto più prog. Uno degli aspetti più curiosi del singolo è il packaging: un 45 giri con copertina apribile era un oggetto piuttosto raro. La BlaBla ci stava credendo molto, in questo Battiato prog, e non badava a spese (nel singolo era incluso persino lo spartito, che al tempo l'autore non sapeva leggere). Il brano è un robusto quattro quarti, la cosa più rock mai tentata fino a quel momento (e fino al Cinghiale Bianco) con uno sfoggio di sonorità che rischiamo di fraintendere: per quanto possano sembrare fuori le righe e avanguardistici, non erano molto diversi in questo caso dai suoni del prog da classifica – sì, in quegli anni il prog italiano arrivava in classifica. Quel che è davvero interessante non è il brano in sé, ma la distanza tra il brano e quelli che usciranno pochi mesi dopo su Pollution: una distanza che ci lascia capire quanto Battiato già nel 1973 fosse sospettoso nei confronti del carrozzone che Sassi e la BlaBla gli stavano montando addosso. La convenzione era l'idea che i suoi manager avevano di lui: lui nel frattempo stava già tentando qualcosa di diverso. Alla Convenzione Battiato tornerà, ed è indicativo, durante il tour di Gommalacca, forse per far fronte a un'esigenza di brani rock da proporre a un pubblico nuovo e non troppo smaliziato. Attenti poi a non cascare in un tranello di Youtube, che a volte smercia come La convenzione del 1973 una versione che è un vero e proprio falso storico, con batteria ancora più dritta e chitarra heavy metal. È la "versione 1997", il bonus dello strano CD uscito nel 2002 proprio col titolo La convenzione, un'antologia piuttosto spuria di brani di Camisasca, Osage Tribe e Battiato – uscita probabilmente all'insaputa di quest'ultimo.
1998: Quello che fu (Battiato/Sgalambro, #166)
Retrospettivamente bisogna ammettere che Gommalacca è un disco in cui Battiato si prende rischi rari per un artista della sua età e con un pubblico già così consolidato. Certo, era pur sempre Battiato: il diritto a mettere nei solchi quello che gli pareva se lo era pazientemente conquistato. In Quello che fu cerca di operare una sintesi tra un certo suo stile salmodiante (lo sentiamo nell'introduzione elettronica) e il rock lento e tetragono dei CSI di Tabula Rasa Elettrificata, che a un certo punto si impossessa del brano e lo trasforma in un lungo incedere di due accordi scalpellati da una chitarra distorta. Anche il testo di Sgalambro è piegato in tal senso: Fu quello che fu è una tautologia di sapore ferrettiano, potrebbe stare nello stesso taccuino di chi c'è c'è e chi non c'è non c'è, chi è stato è stato e chi è stato non è. Forse per ottenere questo risultato Battiato ha sforbiciato qualche verso di troppo, così che Quello che fu diventa un esempio del suo peculiare anacoluto, la sua tendenza ad affastellare subordinate senza agganciarle a una principale: "Quel che deve ancora avvenire, il sorgere della città di Dio, l'emblema che ci fa forti e sicuri oppure pazzi e disperati". Forse quel che deve ancora avvenire è il sorgere della città di Dio, ma non è così chiaro e probabilmente non vuole esserlo. In questa struttura sferragliante Battiato non riesce a mantenere l'aplomb del sedicente allievo e si concede acuti inconsulti anche per lui. Ci voleva del coraggio. Lui l'aveva.
2007: Tiepido aprile (#91)
"Da due mesi non facciamo altro che ascoltare Battiato, come va?"
RispondiEliminaVa che ogni giorno c'è un momento nella mattinata in cui mi dico "ehi, non sono ancora andato a vedere quali sono le canzoni in gara oggi!", e corro a leggermi le descrizioni tondelliane e sono felice, anche quando non sono d'accordo. Perché è un'occasione per riascoltare le canzoni, ripensare alla storia di Battiato e alle sue mille influenze, vedere cosa ne pensano gli altri. Bellissimo, quindi grazie.