Caro astensionista di sinistra,
ciao, ti ricordi di me?
Non sono quello nella foto. Non sono nessuno in particolare, ma l'anno scorso ti scrissi un appello, che qui sotto ho riportato.
Si stava per votare, e tu andavi in giro dicendo che non valeva la pena, che non avresti ceduto al ricatto, che Rutelli non l'avresti eletto mai, per cento validi motivi. È andata com'è andata, e poi non ne abbiamo parlato più.
Ci sono state cose ben più importanti: Genova, l'11 settembre, la Palestina. Ma soprattutto le mille trovate del nuovo governo, che a raccontarle non ci si crede, e non si sa nemmeno da che parte iniziare. Il giallo del buco nel Tesoro. Gli incentivi agli evasori fiscali. Il nostro ridicolo intervento in guerra. La controriforma scolastica. Le leggi ad hoc per i mercanti d'armi. La Bossi-Fini. Il ministro che dà ordine ai poliziotti di sparare, i poliziotti che non potendo eseguire l'ordine sparano per i fatti loro. E tante altre cose che ora non ricordo, ma che io e te ben conosciamo. Stasera però vorrei parlarti d'altro.
Vorrei chiederti come ti stai, come ti senti.
E se magari non ti vergogni, appena un po'.
No, eh?
Caro astensionista,
sgomberiamo l'equivoco. Io non ho mai creduto in Rutelli e D'Alema più di quanto ci credessi tu. Sono pronto a condividere qualsiasi critica tu abbia da fare nei loro confronti, sempre per il solito motivo che tu sei molto più informato e sensibile di me. Quando tu parlavi di ricatto, avevi perfettamente ragione. Ma c'è una cosa, che in un anno non sono riuscito a capire. Dove hai trovato l'energia morale per non cedere a questo ricatto? Perché tu sei tanto forte e, per esempio, io no?
Io sono una persona tutto sommato normale. Vivo una vita di compromessi, con le mie piccole frustrazioni e le mie piccole soddisfazioni. Cedo a ricatti almeno dieci volte al giorno. Se mi chiedono uno straordinario, per esempio, lo faccio. Se m'impongono una nuova tassa, la pago. Insomma, faccio buon viso a cattivo gioco. E mi chiedo cosa fai tu in simili situazioni. Tu non cedi mai? No, secondo me anche tu fai lo stesso. Tutta la tua invidiabile forza morale, la condensi in un solo giorno: il giorno delle elezioni. Quel giorno scopri improvvisamente di essere tutto d'un pezzo, di non poter cedere ai ricatti e ai compromessi. E allora fai vincere Berlusconi.
Sì, l'hai fatto vincere tu, ricordatelo. Perché quando ti vedo alle manifestazioni e ai girotondi (confessalo che ti diverti un mondo a urlare e a saltare e a tenerti per mano), ho come il sospetto che tu te lo sia dimenticato. Ogni tanto, per esempio, scopri l'acqua calda: ti accorgi che la Rai non è più libera: che sorpresa!, che la scuola pubblica è destinata a diventare un ghetto, che vergogna! (e magari qualche anno fa brontolavi per la riforma De Mauro). La polizia sequestra e picchia i manifestanti: che scandalo! Insomma, in piazza urli e strilli come un bambino, e intanto dimentichi il tuo passato recente e le tue responsabilità: i sintomi della demenza senile ci sono tutti.
Caro astensionista,
lo sai che a volte ancora non ci credo? A volte provo a immaginare cosa sarebbe successo se, domenica 13 maggio 2001, io fossi riuscito a convincerti. Nulla di eccezionale. Rutelli avrebbe proseguito l'ordinaria amministrazione Amato. In ottobre avrebbe appoggiato la guerra afgana e noi avremmo fatto la solita marcia per la Pace. Forse il solito ministro del Tesoro avrebbe scoperto che era il momento di tirare un po' la cinghia, dopo i bonus fiscali elettorali. Tu avresti continuato a lamentarti, e anch'io, ma magari con meno rabbia, con meno entusiasmo.
A volte penso a Carlo Giuliani. Ecco, ci ho pensato a lungo e ho concluso che probabilmente oggi Carlo Giuliani sarebbe vivo. Il che mi rende la sua morte ancora più intollerabile.
Io e te sapevamo già, prima di votare, cosa stava succedendo alla polizia italiana. Avevamo i giornali e avevamo internet, avevamo amici a Ventimiglia e Napoli, e certe conclusioni potevamo già tirarle. E magari tu hai deciso che lo Stato era già fascista e un Rutelli o un Berlusconi non facevano differenza, in piazza ci avrebbero sparato ugualmente. In un certo senso hai ragione, e in un certo senso hai torto.
Hai ragione, perché quel che accadde a Ventimiglia e Napoli era già vergognoso, e prime delle scuse di Berlusconi dovremmo sentire quelle di Amato.
Hai torto, perché quella sottile linea rossa tra democrazia e fascismo non è solo a Napoli o a Genova, ma dappertutto, in ogni città e in ogni persona e in ogni decreto legge, e ogni giorno può spostarsi da una parte o dall'altra, a seconda di chi sta spingendo e di chi invece dorme, o si sente fuori dal gioco. Per quali motivi al mondo ancora non riesco a capirlo, e nemmeno voglio.
Quello che ho capito è che ogni giorno è buono per spingere, e che quel 13 maggio era appunto un giorno come gli altri, bisognava spingere tutti assieme per non cedere un po' di democrazia, ma tu non c'eri. Poi sei tornato con più rabbia di prima, e tanta rabbia l'hai data anche a me, ma questo non ti giustifica. Sono contento che sei tornato, e che ora spingiamo assieme, e che a quanto pare siamo in tanti. Ma non dimentico di quel giorno, e nemmeno tu dovresti.
Perciò se qualche volta, nella pausa tra una riunione o un corteo, mi capita di voltarmi a guardarti in faccia in un certo modo, tu non chiedermi cos'ho: soltanto, abbassa gli occhi e vergognati. Almeno un po'.
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