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mercoledì 1 maggio 2002

Di tutti i lavori che ho fatto nella mia lunga, ormai, ma non particolarmente laboriosa vita, vorrei oggi ricordare i più assurdi e i peggio pagati, tra cui:

1997: Distributore di Pagine Utili nella Bassa Modenese
(ebbene sì, anch'io ho lavorato per Berlusconi)

Nella Bassa, all'incrocio di lunghe strade che conducono a città lontane (Bologna, Modena, Ferrara), c'è un paese che dovrebbe chiamare nome: si chiama Camposanto. Non che non sia, a suo modo, un nome appropriato: e se Pupi Avati non sa dove ambientare il suo prossimo thriller, un'idea io ce l'avrei. Negli anni '60 intorno al minuscolo Centro Storico sorse una cintura di casette-con-cortile, quell'edilizia padana un po' triste ma cento volte meglio del postmoderno colonico d'oggigiorno. Beh, nessuno lo sa, ma la maggior parte di quelle case è disabitata. Se suoni, non risponde nessuno. Se suoni un'altra volta, si apre la tapparella del vicino che, come la Fata Turchina, si affaccia e risponde:

"In quella casa non c'è nessuno: sono tutti morti".
"Fatina, aprimi almeno tu!"
"Sono morta anch'io, e aspetto la bara che venga a portarmi via".
(Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, cap. XV)

I morti (o signori che "è da tanto che sono all'ospedale, e il figlio è andato a stare a Bologna") sono per loro natura diffidenti, e nel 1997 le Pagine Utili erano una novità anche per i vivi. Non volevano comprare niente. Ah, ma io non vendevo niente: io regalavo. Non volevano niente lo stesso. Neanche per pietà di un povero laureando che si passa l'agosto in casa? No.
Si aggiunga a questo che la diffusione avvenne nel mese di agosto, quando anche i superstiti avevano ben poche ragioni per restare in quell'afoso Camposanto.
Io, che sono un ragazzo timido (l'ideale per un lavoro porta-a-porta), al terzo squillo smettevo di importunare i morti e lasciavo le Pagine nella cassetta della posta, o sul davanzale, o sullo zerbino, tanto ad agosto possono stare lì dei giorni, mica piove.
Infatti grandinò.

Oltre a essere un paese fantasma, Camposanto è anche straordinariamente sparso. Gli abitanti/morenti prosperano su una lingua di terreno che si allunga per dieci chilometri fino a un altro toponimo lugubre, Finale dell'Emilia. Per bussare di casa in casa (di tomba in tomba) è indispensabile automunirsi. Riuscite a immaginarvi qualcosa di più afoso dell'abitacolo di un auto d'agosto in pianura? Ah, la nostalgia per quel puzzo di sudore misto alla carta fresca delle tonnellate di carta che andavo a caricare a Modena.
Le cose andarono meglio quando la mattina del terzo giorno, proprio mentre andavo a Modena, un pezzo del mio motore si tranciò di netto, per nessun logico motivo. Il resto delle Pagine Utili le caricai sulla macchina dei miei, che ha l'aria condizionata: ovviamente le spese in aria condizionata e la riparazione del mio motore oltrepassarono allegramente il guadagno, anche se il calcolo non l'ho mai voluto fare.

Mi ricordo esattamente di un momento in cui sedevo, afflitto sulla via per Albareto – aspettavo un familiare che mi venisse a prendermi, esausto, contemplare tutta quella sfiga e constatare quanta strada stava ancora tra me e un'anche misera indipendenza economica. Non sono fatalista, al contrario, ma tanto accanimento del Destino nei miei confronti in quell'occasione mi sembrò significare qualcosa. Forse, semplicemente, Non Ero Nato Per Lavorare. La cosa m'intristiva. La Repubblica, dunque, non era fondata su di me? Non mi restava che scrivere romanzi? Che fine meschina.

Quest'impressione sembrò confermata quando nel 2000 feci un'indagine di mercato sui romanzi rosa, (continua domani...)

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