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giovedì 9 maggio 2002

Lo zerbino del mondo

Oggi è la festa dell’Europa, e lo sanno in pochi. Non è giusto.
La festa dell’Europa dovrebbe essere qualcosa di più di una festa nazionale. Da celebrare magari con meno solennità, ma con più allegria, perché una volta tanto è una festa che non celebra il passato, ma il futuro. Se l’Italia è la nazione che ci hanno lasciato i nostri padri, l’Europa è quella che lasceremo ai nostri figli: è giusto amarla di più, come è giusto volere più bene ai propri figli che ai propri padri.

Per questo motivo mi dispiace dover fare una critica ai commercianti del Centro Storico di Carpi, che per la ricorrenza hanno addobbato i portici di bandierine. Tra tanta indifferenza, loro almeno hanno fatto qualcosa, ed è ingiusto prendersela proprio con loro.
Però, vedete, lo zerbino proprio non va.

L’intenzione è lodevole. Se il vessillo europeo è la nostra bandiera, è tempo di iniziare a vederla in giro. Credo che la maggior parte dei cittadini europei non sappiano nemmeno quante stelle formano la corona in campo azzurro (dodici). Non lo sanno i professori e i giornalisti. D’accordo, è un dettaglio, però ha la sua importanza. Se qualche bandierina in giro per il centro ci può aiutare, tanto meglio.
Ma lo zerbino?

Da un punto di vista legale, la bandiera europea ha pari dignità con quella nazionale, e in tutti i luoghi pubblici i due vessilli dovrebbero essere innalzati alla stessa altezza. Date un occhio in giro e verificate se non è vero (qualche mese fa si è rassegnata persino l’Accademia Militare di Modena).

Perciò, capite, le bandierine vanno benissimo, ma gli zerbini un po’ meno.
Sistemare davanti agli ingressi di tutti i negozi una pedana raffigurante la bandiera europea è un gesto che si presta, come minimo, a qualche equivoco. Senz’altro i commercianti non intendevano invitare i loro clienti a spazzarsi i piedi nel vessillo dell’Unione Europea, vero?

Ho ancora degli occhi immagini di repertorio sui terroristi islamici che sfilano mascherati su un’enorme bandiera d’Israele, calpestandola. Di solito le bandiere si calpestano in segno di spregio. Perfino noi italiani, che siamo uno dei popoli meno fieri della nostra bandiera, avremmo qualche imbarazzo a pulirci i piedi nel tricolore. E invece a Carpi, per entrare in una tabaccheria in questi giorni di pioggia, ci tocca strofinare le suole in una bandiera europea. Fate che non passi di lì Carlo Azeglio in visita ufficiosa, sennò ci scatta un’accusa di vilipendio, che lui ci tiene a queste cose, sia all'Europa che alle bandiere.

Interessante, come lapsus, no? Indignazione a parte, come va interpretato? Un’ipotesi: l’Europa non fa paura a nessuno. Non fa paura a Sharon, che non si scomoda nemmeno a ricevere Solana (e questo è negativo), ma non fa paura nemmeno ai suoi cittadini, che la subiscono con tranquillità, come parte integrante del loro paesaggio simbolico. La bandiera europea ha già perso qualsiasi magniloquenza, è già diventata un oggetto di uso comune. Gli europei, distratti senz’altro, ma educati, ci si puliscono i piedi. Alla spartizione del mondo parteciperanno con scarsa convinzione, con scarsi risultati, ma con modi distinti e i vestiti in ordine, scarpe comprese.

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