Questo fine settimana c’è un vertice G8. Ci avete fatto caso?
Almeno, avete fatto caso a quanto poco se ne parla? Perché, secondo voi? Cos’è successo al G8? Cos’è successo a tante persone che hanno fatto di tutto per essere a Genova due anni fa e oggi non si pongono nemmeno il problema di raggiungere Evian, a poche cenitnaia di chilometri di distanza? Alcune ipotesi:
1. Il Movimento è in crisi.
Qualche segno di crisi c’è.
Basta guardare che fine hanno fatto i nomi più in vista – nessuna fine, in realtà, ma ormai procedono in ordine sparso. Casarini, dopo un’avventura bolognese dagli esiti deludenti, ha fatto notizia per essersi preso una torta in faccia a Londra. Agnoletto si considera ormai sciolto da qualsiasi ruolo rappresentativo, e ha scritto un libro in cui finalmente può dire cosa pensa (e togliersi qualche sasso dalle scarpe). Zanotelli batte la campagna, accolto ovunque da torme di proseliti, in una sua personale interpretazione dell’Apocalisse. I Wu Ming coltivano il loro giardino narrativo. Gino Strada è in Iraq a esercitare, presumo. E così via.
E i militanti? Più o meno sono quelli di due anni fa, defezioni vere e proprie non ce ne sono. (Il Movimento non è dogmatico, non esistono espulsioni o radiazioni: ci sono tanti gruppetti e ognuno sceglie il più congeniale). Si fanno vedere sempre meno alle assemblee, anche se alla fine non si perdono un corteo. È un problema di motivazione, o meglio è un problema di stanchezza.
Se una crisi c’è, insomma, è la solita crisi stagionale di maggio e giugno. I motivi sono semplici, fin banali: in questi mesi chi studia e chi lavora ha poco tempo a disposizione. L’anno scorso la crisi è finita il pomeriggio del 21 luglio, quando le strade di Genova si sono improvvisamente riempite di una folla di giovani che aveva finito gli esami o si era presa le ferie. Il Movimento si fa nel tempo libero, ed è dura dover contrastare nel tempo libero chi di mestiere fa il Potente a tempo pieno (coi soldi nostri, sia detto per inciso).
2. Il G8 è passato di moda.
Senza dubbio oggi il G8 non è più percepito come l’odioso consesso dei potenti della Terra. A due anni da Genova è più difficile vedere Bush, Chirac, Schroeder e Putin come un blocco compatto. Dall’11 settembre in poi, il Movimento ha progressivamente messo a fuoco un obiettivo diverso: l’imperialismo americano. George W. Bush, due anni fa niente di più che una simpatica macchietta che stringe le mani ai colleghi chiamandoli col nome sbagliato, è diventato il demiurgo del Medio Oriente. Siamo passati dal fumoso Impero di Toni Negri all’Impero Americano dei Neocons o di Vidal. Magari cominciamo a provare qualche remota simpatia per quella canaglia di Chirac. Beh, ci sbagliamo.
Il G8 non è solo una passerella per l’imperatore e i suoi amici più potenti: continua a essere un vertice serio, dove si prendono le decisioni importanti alle spalle dei Paesi non rappresentati. Decisioni che gli USA non possono prendere da soli: due anni di vittorie militari non li hanno reso molto più potenti di quanto non fossero prima; nel frattempo l’economia interna non tira, e l’euro forte comincia a dare preoccupazioni.
E allora forse varrebbe la pena di stare attenti a quello che succede a Evian: non alle contestazioni fuori, quanto ai contrasti dentro. Secondo Tricarico più di G8 si tratterà di un G2, una trattativa tra USA ed Europa, più che due grandi potenze, due grandi mercati dagli interessi ormai contrastanti. Chi abbia il coltello dal manico, sembra fuori discussione: gli USA hanno preso Bagdad anche per ricordare a tutti che il petrolio va calcolato in dollari, non in euro.
3. Il Movimento ha vinto
come dice sempre Agnoletto. Ma c'è poco da esser trionfali. Non si può dire che il mondo sia molto migliorato da due anni in qui. Ma qualcosa è cambiato. Prendiamo il G8: due anni fa era ancora una grande cerimonia in stile Excelsior: la città di turno aveva l’onore di essere rimessa a nuovo per l’occasione. Oggi è una riunione di capi di Stato costretti a complicati trasferimenti tra le montagne e le frontiere (il vertice è in terra francese, ma gli alberghi sono in Svizzera). Continuano a incontrarsi, certo. Ma hanno dovuto rinunciare alla pompa magna, alle transenne nei Centri Storici, al sequestro dei cittadini. Il G8 “anni Novanta” non esiste più, è sepolto con l’ottimismo della New Economy e dei processi di pace di Clinton. È una vittoria simbolica. Poco più di niente. Ma è già qualcosa. A Genova gli Otto Grandi non ci andranno più. E forse è inutile tallonarli fino a Evian.
Anche perché il Movimento non ha più bisogno di infiltrarsi nei Vertici ufficiali per far sentire la sua voce. Ha i suoi appuntamenti, i suoi forum, ha tutto lo spazio che vuole per costruire le sue idee. E questo è tutto quello che conta: le idee. Non il numero di manifestanti a questo o quel corteo, non i fermati alla frontiera, non i titoli di giornale. È sulle idee che il Movimento sta vincendo. Basti pensare a quello di cui si sta parlando in Italia, da un mese: l’opportunità di concedere l’immunità a una manciata di politici. Nel frattempo il Movimento parla dell’acqua, del petrolio, dei diritti ai migranti: di quello che sta cambiando ogni giorno intorno a noi. Mentre tutti fuori giocano alla piccola campagna elettorale, il Movimento parla di privatizzazioni: di come sia passata nel silenzio generale la legge che obbliga a svendere le aziende municipali, una legge che viene da molto lontano, attraverso l’Europa direttamente dal WTO.
Il Movimento parla del WTO, la più fantomatica delle Organizzazioni Internazionali, che in settembre a Cancun cercherà una volta per tutte di svuotare il guscio delle nostre democrazie. Nel disinteresse di tutti, ma non del nostro. Possiamo essere in pochi, stanchi e accaldati, ma siamo svegli: possiamo non essere d’accordo su tutto, ma almeno sappiamo cosa ci sta succedendo. Senza bisogno di andare a Evian. Sarà per la prossima volta (a Parigi?)
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