Sradicati
A volte mi capita di chiedermi se questa città non sia un po' troppo piccola.
Perché forse mantenere un po' le distanze mi gioverebbe; e anche se qui in realtà conosco poca gente, e ho un paio di amici sì e no, ormai lo spazio libero mi si è ristretto intorno; incrocio i miei alunni al parco e i loro genitori al supermarket, e tutti hanno capito dove abito; e non è lontano il momento in cui mi troverò magari in questo stesso locale con la musica che suona, i ragazzi che ballano e qualcuno mi dirà
“Buon anno prof”
Ecco, ci siamo.
“Si ricorda di me?”
No. Troppo grande per essere stato mai alunno. Troppo giovane per fare il genitore. E in generale troppo scuro per frequentare questo posto con profitto. L'indiepop è roba da ariani, non lo sai?
“Tre anni fa”.
2008-3 = L'anno delle serali. Aaaaah, ecco, adesso ti riconosco, come stai? Bene. I tuoi colleghi? Bene. I miei colleghi? Non c'è male. Ecc.
La conversazione si sta già avviando serenamente al termine, quando mi sorprende la terribile illuminazione.
Avete presente quel brutto momento in cui, dopo aver parlato per cinque minuti con una vostra amica, vi ricordate improvvisamente che suo padre/fratello/marito è stato ricoverato tre mesi fa con una grave malattia, e vi rendete conto che in ogni caso dopo cinque minuti è troppo tardi per entrare nell'argomento, e che ormai lei ha concluso che siete dei maledetti insensibili, e stanno proseguendo la conversazione solo per educazione, dopodiché vi eliminerà dalla rubrica e scorderà ogni storiella divertente su di voi? Ecco, a questo punto mi viene in mente che il ragazzo viene da una nazione che è stata sulle prime pagine dei giornali con notizie tragiche per quindici giorni, e sicuramente laggiù ha amici e mezza famiglia, e che sono veramente un mostro a non essere entrato in argomento, e probabilmente lui sta pensando esattamente la stessa cosa, e...
“Senti, e... in Pakistan? Tutto... tutto bene?”
“Mah, niente”.
“Ma avrai qualcuno della famiglia?”
“Non so niente, prof”.
“Perché hanno oscurato le parabole, vero?”
“Non so niente, non mi frega niente, cazzi loro”.
“Ah, ok”.
(Musica. Io penso al Vangelo, chi è mia madre, chi è mio fratello, ecc.)
“Io ormai sono qui, e mi vivo la mia vita. Faccio male?”
“Sei qui da parecchio?”
“Dieci anni che sono andato via da là. Prima in Inghilterra, poi qui”.
“Prima in Inghilterra? E poi qui?”
“Sì”.
“Ma scusa, non stavi meglio in Inghilterra?”
“Troppi asiatici”.
“Ah”.
(Musica. Penso all'odore di un miliardo di cinesi che cucinano nello stesso fuso orario).
“Ma senti, no, scusa, sei asiatico anche tu, no? Come fai a dire...”
“Dove ci sono gli asiatici c'è casino, io non ne voglio sapere niente, si sta meglio qui”.
(Musica. Penso alla fuga dei cervelli).
“Gli asiatici stanno sempre tra loro, non mi piace. Io sto bene qui, ho due o tre amici, li vedo e sono a posto. Faccio male?”
“No, no”.
(Musica. Le ragazze ballano, le frangette oscillanti a tempo. I ragazzi guardano le ragazze. Qualcuno beve, qualcun altro intrallazza, nessuno si fa tentare da un dibattito sul Pakistan. Sono cose che possono accadere solo a me. Te l'immagini qualcuno al mio posto? No, appunto. Solo a me. Cosa c'è che non va in me?)
“Non è che posso sempre preoccuparmi degli altri. Qui ho la mia vita, lavoro, esco, sto bene. Così. Faccio male?”
“No, no. Allora ci vediamo”.
“Ci vediamo eh, prof? Ma lei come si chiama?”
Mi chiamo Leonardo, e faccio il supplente. Non è un mestiere, è un destino.
Giro per questa piccola città, e ogni volta che avverto una mancanza di qualcosa o qualcuno, io supplisco. Stasera per esempio supplisco alla tua coscienza.
Mentre vado via posso sentirti, che continui a chiedere al muro: “Faccio male?”
E poi allo specchietto retrovisore, nella nebbia, fino a Medolla (guida piano!): “Faccio male?”
E più tardi ancora, al tuo soffitto: “Faccio male?”
Ma non posso stare tutta notte a dirti: No, No, No. Sono solo un supplente. Nessun dio – né il tuo né il mio – mi pagherà mai abbastanza.
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Mi ricorda il piccolo allievo cinese di mia sorella.
RispondiEliminaLei prova a chiedegli qualcosa su una musica piacevole che ha sentito al suo ristorante.
E lui:
"Se era bella non era cinese. Noi sappiamo solo copiare"
Del resto, penso a a questo capodanno. Nella terra senza rifiuti. Napoli, l'Italia non erano roba mia.
Anche per Freud i meccanismi di difesa che funzionano sono utili per sopravvivere.
Male, si era dimenticato di aggiungere.
carpi?!
RispondiElimina"per modena-carpi scendere qua"?
...carpi!
Sull'incontro col ragazzo non dico niente, se non che essendo noi entrati quest'anno nel mondo della scuola (primaria), ci siamo davvero resi conto di che eletta cerchia di amici con famiglia ci circondavamo prima...in giro c'è di tutto..
RispondiEliminaSulla cittadina, che condividiamo, ti dico invece che capisco benissimo ciò che provi; infatti mi tengo ben stretta la sanissima distanza tra il luogo in cui vivo e quello in cui lavoro. Mi occupo di ambiente in una istituzione pubblica (capoluogo della provincia confinante a ovest)...quei 30 km A/R peseranno nella pratica, ma mi evitano processioni di gente che mi chiede dell'inceneritore, il blocco del traffico, le PM10 etc etc etc..
e da noi sarebbe ancora peggio..
Ceci
Mi rileggo e mi trovo un po' troppo snob e borghesuccia...intendevo dire col "c'è di tutto in giro" che ci sono famiglie di ogni tipo, alcune molto consapevoli e altre meno; in alcune vige una certo livello di discussione e riflessione, in altre meno.
RispondiEliminaLo si vede già in prima elementare.
Ceci
Bravo.Bravo.Bravo.Ti leggo da quando,per sbaglio sono entrato nel tuo blog.Più di un'anno fa.Sono rimasto colpito dal tuo modo di vedere le cose(oltrechè di scriverle,naturalmente)e così TI ho aggiunto ai preferiti.
RispondiEliminaOggi commento per la prima volta,rovinando quel sottile equilibrio che ci teneva legati tutte le volte che leggevo un tuo post(stupore e meraviglia,sempre)solo per dire che, da giovane,pensavo di vivere scrivendo libri di poesia, ora(dopo varie pubblicazioni) ho capito che è meglio trovarsi un lavoro retribuito.
Faccio male?
Giovanni
Beh, persino Eugenio Montale per guadagnarsi la pagnotta faceva il critico musicale, fa' un po' te.
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