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mercoledì 18 agosto 2010

Il grande Giovane

(Questo pezzo è un esperimento: l'unica fonte è wikipedia).

Cossiga – può esser difficile ricordarselo proprio oggi – è stato per molto tempo un giovane. Nel senso molto relativo che la parola “giovane” poteva avere nell'ambiente stagnante della prima repubblica, Cossiga è stato addirittura il “più” giovane. Laureato a 20 anni, deputato d'assalto a trenta (leader dei “giovani turchi” sassaresi), sottosegretario alla difesa a 38 (record), ministro degli Interni a 48 (record), presidente del Senato a 55 (record), Capo di Stato a 56 (record imbattuto). Fino a ieri era ancora il più giovane tra i Presidenti della Repubblica in vita: più giovane di Scalfaro, Ciampi, Napolitano. Giovani, volete far politica? Seguite Cossiga: laureatevi presto e buttatevi nella mischia. Sceglietevi comunque un partito importante; se non vi piace del tutto scalatelo comunque: potrete sempre picconarlo una volta in cima.

È possibile isolare questo elemento “giovane” nella carriera politica di Francesco Cossiga? Si parla molto tra noi di come sarebbe migliore l'Italia se la governassero i 40-50enni piuttosto che i 70-80enni: Cossiga è un esempio a favore o contro? In che modo la sua (relativa) “giovinezza” può aver cambiato le cose? È difficile da dire, anche perché Cossiga più che un politico è stato un uomo delle istituzioni: non scriveva disegni di legge, ma riformava i servizi segreti. Gli si può riconoscere una certa irruenza, uno stile spiccio nella gestione dell'ordine pubblico: mandare mezzi blindati contro gli studenti è, in un certo senso, una cosa 'da giovani' (il vecchio Giolitti non lo avrebbe fatto). Nella sua lunga carriera però Cossiga è stato anche l'esatto contrario: un notaio attentissimo al rispetto del dettaglio, della norma più desueta e obsoleta. O non c'è qualcosa di giovanile anche in questo? Tra le varie onoreficenze che collezionava, c'era il grado di Capitano di Fregata. Quando il parlamento lo elesse Presidente nessuno se ne ricordava, tranne lui: che deviò il corteo presidenziale per chiedere il consenso allo Stato Maggiore della Marina Militare. Si presentò in divisa da Capitano di Fregata, appunto. La passione per le uniformi, le cariche, le battaglie... se tutto questo non è sufficiente a definire Cossiga un nerd, ecco l'arma segreta: era un radioamatore. Quando salì al Quirinale si portò il baracchino con sé. Persino nei tre anni del “presidente notaio” (1985-1988), quando nessuno avrebbe potuto immaginare che ragazzaccio sguaiato covava in lui, Cossiga si dimostrò in qualche misura giovanile: pose fine a una delle più lunghe crisi del pentapartito nominando a Palazzo Chigi, nel 1987, Giovanni Goria. È ancora il più giovane Presidente del Consiglio.

Invecchiando, Cossiga ha mantenuto i tratti dell'enfant terrible; anche se davanti a certi sbalzi di umore diventava più facile pensare a una psicosi maniaco-depressiva. Le istituzioni erano tutto per lui; allo stesso tempo, fare il presidente durante il semestre bianco era una palla; si dimise due mesi prima.

Chi comincia giovane ha più tempo per re-inventarsi. Di Cossiga ne abbiamo avuti tanti, e diversi tra loro. Io ne riesco a isolare quattro, ma chi lo conosce meglio senz'altro ne conosce molti di più. Abbiamo il Cossiga Giovane Turco, spericolato innovatore della sinistra DC; il Kossiga boia, mandante di assassini di Stato; il Presidente Notaio, che nelle vignette di allora occhieggiava da una fessura delle finestre del Quirinale; e dopo il Muro di Berlino, il Picconatore. Questi quattro mi sembrano più che sufficienti a rendere conto della complessità del tipo; il Cossiga post-Quirinale mi sembra ancora un sequel del Picconatore, sempre più stemperato col passare degli anni. I quattro Cossiga sono anche autosufficienti, nel senso che ognuno si comporta in maniera indipendente dall'altro: studiando le mosse del Giovane Turco non si capisce come sia potuto diventare Kossiga; allo stesso tempo non è facile capire come il Kossiga dalle maniere forti sia diventato, nella prima parte del suo settennato, il presidente più opaco della storia della Repubblica. Quanto al picconatore, ciarliero e imprudente, rappresenta una negazione di tutte e tre le identità precedenti. Potrei concludere definendo Cossiga come il David Bowie della politica italiana, ma forse chi legge qui ormai ricorda Bowie meno di Cossiga (è un cantante inglese di qualche anno fa, che sul palco cambiava spesso identità).

Del cadere in piedi. Cossiga è il ministro degli Interni che non riesce a liberare Aldo Moro. Si dimette. Un anno dopo è nominato Presidente del Consiglio. Il PCI del cugino Berlinguer porta in parlamento l'accusa di aver rivelato al senatore Carlo Donat Cattin che il figlio Marco era indagato per terrorismo. Il caso è archiviato; Cossiga si dimette nel 1980. Tre anni dopo lo nominano Presidente del Senato. Vent'anni dopo Cossiga ammette parzialmente la circostanza: rivelando di averne parlato col cugino Berlinguer, aspettandosi un sostegno. Berlinguer invece lo accusò in Parlamento. Vatti a fidare dei cugini comunisti.

Dopo il 1989 Cossiga ha ripreso a fare 'politica', conquistando spesso le prime pagine con dichiarazioni fantasiose e sboccate che cambiarono il lessico della politica italiana. A distanza di anni diventa difficile capire quale fosse il suo progetto, se ne aveva uno. Sbaglierò, non sono un cossigologo, ma non mi sembra di avere mai sentito un parere di Cossiga sull'economia, sul lavoro, sui diritti civili. Cossiga aveva sempre qualcosa da dire su magistrati, sui colleghi politici: non suggeriva campagne politiche, quanto alchimie parlamentari. Un satrapo di palazzo, convinto che l'Italia si potesse salvare modificando una maggioranza in parlamento o un comma in una legge. Mettiamola così: fino al 1989 era un atlantista convinto, disposto a chiudere un occhio e a volte entrambi pur di mantenere lo status quo in uno degli Stati strategicamente più importanti per la Nato. Al crollo del muro capisce subito (con una prontezza che stupisce tutti) che quel progetto è finito: l'Italia non è più un fronte, ma sta scivolando nelle retrovie. Dal suo osservatorio privilegiato nota che gli americani sono sempre più insofferenti nei confronti della Dc; ostili alla costituzione dell'ennesimo governo Andreotti (filopalestinese?) Ne trae le conseguenze e inizia a tirare bordate alla Dc. Voleva forse creare le premesse per ripristinare l'alternanza di governo? Andreotti però reagisce aprendo al giudice Casson gli archivi del caso Gladio. Il PCI-PDS di Occhetto scopre di essere stato sotto tiro per tutto il dopoguerra (non doveva essere una gran scoperta) e chiede al parlamento l'impeachment. Cossiga, che cannoneggiava a centrodestra, si ritrova bersaglio della sinistra. A quel punto il piccone presidenziale comincia a roteare a 360°: l'uomo forse ricorda che nelle vite passate è stato il depositario di segreti ben più indecenti. Ha infiltrato i movimenti studenteschi; ha lasciato che ammazzassero Moro: di tutto questo erano informati quando lo nominarono al Quirinale: e ora osavano accusarlo per una faccenda risibile come Gladio? Pivelli, avrà pensato. Giudici ragazzini.

In realtà, visto da lontano, il Cossiga post-Quirinale non ha mai fatto mancare il suo sostegno al centro-sinistra. D'Alema è uno dei pochi politici che in questi anni Cossiga abbia stimato davvero: anche lui non proprio popolare, ma ben ferrato nelle logiche di palazzo. Nel 1998 è stato il primo presidente del Consiglio ex comunista, e lo è stato grazie al voto del Senatore a vita Cossiga, dopo che Bertinotti aveva ritirato il sostegno al Prodi I. Otto anni più tardi Cossiga è stato altrettanto decisivo a salvare (o meglio: a protrarre l'agonia) del Prodi II, il governo che si teneva a galla coi voti dei senatori a vita. Insomma, Cossiga non ha mai negato il suo aiuto a quella parte politica: la parte di quelli che nei salotti magari indulgevano alle battute sul Kossiga-Boia, ma tiravano un sospiro di sollievo quando gli autonomi venivano sgomberati da Bologna; quelli che lo mettevano in stato d'accusa in parlamento, ma poi nello stesso parlamento mendicavano il suo voto. Cossiga li ha sempre sostenuti, magari disprezzandoli. Forse avrebbe fatto lo stesso col centrodestra (di fatto ha votato la fiducia all'ultimo governo), se il centrodestra avesse mai avuto bisogno di lui.

Cossiga lascia quattro lettere indirizzate alle quattro cariche. Il sogno di tutti noi è che esse contengano la soluzione di almeno uno dei cento misteri d'Italia: uno tra i tanti scheletri che Cossiga è riuscito a contenere tutta la vita nell'armadio. Potrebbe anche essere, l'uomo amava i coup de theatre. Però chi ama veramente il teatro non resiste all'idea di assistervi: Cossiga ha avuto molti anni per raccontare le sue verità. In certi casi lo ha fatto, nel modo più teatrale possibile: affermando di avere “ucciso Moro”, o raccontando al Resto del Carlino come si gestiscono i movimenti di piazza (“infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri”).

Con tutte le sue manie e le sue depressioni, Cossiga ha mantenuto un forte senso di appartenenza nei confronti dello Stato, delle forze dell'ordine, di tutte quelle cose organizzate che fanno la Storia, e che continuano anche dopo di lui. Posso sbagliarmi, ma per chi vive al servizio di queste cose la morte assume un senso relativo: quello che non poteva proprio dire da vivo, non credo possa rivelarlo da morto. Quel che invece può fare da morto è continuare a depistare, magari suggerendo altre illazioni sull'attentato di Bologna (quella famosa pista palestinese basata sull'idea che l'OLP spostasse gli esplosivi sui treni di linea, e non uno straccio di prova), o qualche altra chicca inedita su Ustica o sulle BR. Insomma io non mi fido di lui neanche da morto. Tanto più che da oggi tra i depositari di quei segreti c'è Silvio Berlusconi.

21 commenti:

  1. tutto bello, questo post. Le ultime parole sono fondamentali. Grazie

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  2. zitti, è arrivato il Comunicato Ufficiale

    Il presidente [omissis] Francesco Cossiga, nato a [omissis] il [omissis] è deceduto oggi.
    Brevi cenni biografici:

    Entrato giovanissimo nella Democrazia [omissis] di cui diverrà [omissis], ne è stato appassionato [omissis] e vivace [omissis].
    Nella difficile stagione del [omissis] è stato un protagonista e [omissis]. Durante il [omissis] Moro condusse con mano [omissis] le [omissis].
    Dopo la caduta del [omissis] di Berlino e la conseguente [omissis] egli [omissis], [omissis].
    Oggi l'Italia intera [omissis] e rende [omissis] a questo suo controverso [omissis].
    In questo difficile momento la [omissis] anima del senatore sta transitando lo [omissis] grazie a [omissis] Dimonio.
    L'approdo negli strati inferiori dell' [omissis], pare che la sua ultima [omissis] sarà il Cocito.

    L'Italia ti [omissis], gran [omissis] di una grandissima [omissis].

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  3. beh, 'nsomma, il sostegno a D'Alema presidente del consiglio non è un grande favore per la sinistra: fossimo andati alle elezioni avremmo spazzato via Berlusca e magari anche l'ambiguo Bertinotti ...

    vabbè, la storia con i se e i ma suona sempre piuttosto patetica.

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  4. aveva il senso della frase....se solo fosse nato prima poteva scrivere un blog di successo al posto di avere successo in politica...

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  5. le lettere sono del 2007, indirizzate alla cariche e non alle persone. non c'è null'altro che frasi di circostanza.

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  6. lol è vero quel che dici su bowie, mi ricordo che già 5 anni fa nel mio vecchio blog scrissi un post su una ragazza di vent'anni a cui citavo bowie e lei non sapeva neanche chi fosse.

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  7. Purtroppo la Costituzione viene presa a cazzotti da qualche decennio, anche dagli “antenati” di quelli che oggi dicono di difenderla a spada tratta. La morte di Cossiga tra l’altro dice che in Italia non è si è mai voluto fare i conti con la “notte della Repubblica”. Tanti guai di adesso nascono da lì. A cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 entrò in vigore una Costituzione materiale adeguata alle leggi dell’ emergenza che mandò in soffitta quella formale. Furono varate leggi in base alle quali le persone venivano giudicate non per quello che avevano fatto ma per quanto pensavano di ciò che altri avevano fatto. Nacque così la repubblica penale che provocò terribili ferite allo stato di diritto prima nella cosiddetta lotta al terrorismo, poi con quello che seguì. La morte della politica iniziò allora e non può stupire che il protagonista della vicenda italiana sia da 17 anni l’uomo che è l´emblema dell´antipolitica.

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  8. ottimo post.
    l'hai scritto di getto o hai impiegato tutti gli 8 giorni di agonia?

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  9. Confesso che ci pensavo da qualche giorno, ma fino a ieri non avevo scritto niente e non ho consultato nulla a parte la pagina di wiki. E' un pezzo vacanziero.

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  10. Lo Zelig della politica italiana. Zelig era un personaggio di Woody Allen che impersonificava diversi ruoli nella storia. Woody Allen è un regista americano... :-)

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  11. "se tutto questo non è sufficiente a definire Cossiga un nerd, ecco l'arma segreta: era un radioamatore" nerd??? essù
    e poi
    (“infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri”
    non bastasse...
    "Cossiga ha mantenuto un forte senso di appartenenza nei confronti dello Stato, delle forze dell'ordine, di tutte quelle cose organizzate che fanno la Storia, e che continuano anche dopo di lui"

    questa non è appartenenza allo stato, almeno non allo stato che dovrebbe essere, è oportunismo che non riesco a definire politico, catto-fascismo, disprezzo per il popolo che purtroppo ti ha partorito e nutrito politicamente ed economicamente, mentre la tua prole sputava, giustamente, nel piatto in cui mangiava, più una buona dose di alzheimer che gli ha fatto svomitazzare "segreti" di stato in quattro lettere postume, manco fosse la madonna di lourdes.
    come si dice dalle mie parti "non l'ha fogato la balia", ma è pur sempre troppo tardi, aspettiamo il prossimo, dovessero estinguersi prima o poi.

    L

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  12. Kossiga stimava D'Alema? Parliamone: lo ha convinto a restare in disparte (in Argentina, per la precisione) mentre Bertinotti affondava il governo Prodi, poi gli ha dato i voti necessari perché l'Italia avesse un governo favorevole alla guerra contro la Serbia – una "guerra di sinistra", una "guerra democratica", insomma. E poi lo ha lasciato in braghe di tela, il povero D'Alema che non trovò niente di meglio da dire e fare che "aprire una crisi di governo per favorire un processo di ricomposizione a sinistra" (e questa dev'essere davvero originale, perché una stronzata così non l'avrebbe copiata neanche Luttazzi in crisi d'identità). Kossiga stimava D'Alema? Sì: lo stimava un ko***one. Probabilmente sin da quando, dopo i carri armati (e Francesco Lorusso fucilato in strada dai suoi karabinieri) D'Alema, segretario della FGCI, annunciò per l'anno successivo la nascita di un "grande movimento democratico" (e lì Lutazzi deve aver pensato: se lui può dire queste cose, io da grande posso fare il comico).

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  13. Ma Zelig si mimetizza sempre con l'ambiente, non mi sembra il caso di Cossiga (con la C, dai 21 anni in su).

    L'alzheimer, poi, se l'avete visto all'opera, non è davvero il morbo di Cossiga. Lui stesso invece ammetteva di avere periodi di depressione (oltre all'appartenenza a quello che lui chiamava il "club K": il cancro).

    Lo "stato che dovrebbe essere" non è cosa che abbia mai interessato ai democristiani. Cossiga era affezionato allo stato che c'era, di cui si credeva servitore: di quelli che si sporcano le mani perché gli altri vivano in una sensazione di pulito.

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  14. Cossiga era affezionato allo stato... americano, di quello italiano se ne sbatteva altamente.

    Per gli americani ha tradito tutti quelli che si sono fidati di lui, a destra come a sinistra, incluso il gobbo e il povero Berlinguer. E' stato il peggior ministro dell'Interno degli ultimi 40 anni, e probabilmente il peggior Presidente della Repubblica in assoluto (e ne abbiamo avuti di terribili).

    In quale altro paese il Presidente della Repubblica si permette di aver difeso gli interessi di uno Stato estero quando in conflitto con il volere del "suo" popolo? Solo in qualche (altra) repubblica delle banane...

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  15. d'accordo con giacomol
    ah trovata un'intervista curiosa, stamattina. se a qualcuno interessa.
    http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100819/pagina/04/pezzo/285025/

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  16. Non è un'intervista "curiosa". E' un'intervista che sostiene che Cossiga fu esecutore della fermezza berlingueriana. Il PCI, e chi c'era lo sa, era il partito dell'ordine. Curioso è come in questo blog si parli sempre di cose che non si sanno.

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  17. GMR, sei un troll ma ci casco: come tanti partiti di sinistra, il PCI all'epoca era tante cose.

    Gente come Napolitano sicuramente era per l'ordine e la disciplina, e infatti i miglioristi erano chiaramente bollati come "destri", ma c'era anche moltissima gente che non voleva stare "ne' con lo Stato ne' con le BR" e continuava ad avere la tessera. Il manifesto ovviamente ha un chiaro interesse a promuovere una sua versione dei fatti, cosi' come Piperno (e come Cossiga).

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  18. GiacomoL, io sono un troll e tu ci sei cascato semplicemente perché hai risposto. Questa è la regola. Ed è un segreto di Pulcinella che le decisioni nel PCI le prendeva il gruppo dirigente, il quale fu per la fermezza e per l'ordine. Punto. Hai presente Ugo Pecchioli? Uno dei (pochi) capolavori politici di Berlinguer è stato l'essere capace di far dimenticare che fu (anche) lui a far prevalere la fermezza. Certo, lui e alcuni DC, chi lo nega (e in fondo io credo che non ci fosse altro da fare). Non è necessario essere stato amico di vari quadri PCI dell'epoca per sapere che il PCI fu per l'ordine fin dalla svolta di Salerno. E non ci credo che non tu non lo sappia, a meno che tu non sia un ragazzo di sconfinata ingenuità (come del resto molti di quelli entrati a sinistra dagli anni '80 in poi, PDini in pectore da decenni). Un consiglio: non rispondermi, che fai la figura di quello che ci casca.

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  19. A proposito Giacomol, se passi ancora di qua: Napolitano e i miglioristi erano bollati come "destri" per l'apertura alla socialdemocrazia, non per una supposta propensione all'ordine poliziesco. Il che era invece più tipico di altre sezioni del gruppo dirigente, sezioni di discendenza piemontese/togliattiana.

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  20. Pezzo profetico in certe sue osservazioni sui politici "giovani", sul loro modo di entrare in politica.

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