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venerdì 9 dicembre 2011

Un Natale anarchico e informale

Io sulla Federazione Anarchica Informale ho, più che una teoria, una sensazione; non sono in grado stasera di dimostrarlo, ma mi pare proprio che colpiscano sempre a fine anno. Questa cosa li rende un po' più simili a dei maniaci seriali che a dei rivoluzionari. Come rivoluzionari anzi faccio sempre più fatica a immaginarmeli, di solito un rivoluzionario o ha molta pazienza o molta fretta; uno che smolla due pacchetti bomba sotto le feste ogni anno, e qualche volta salta pure l'anno, che razza d'insurrezione ha in mente?

Quel che è peggio è che ormai gli anarchici informali si sono impregnati di quello spirito natalizio ancora lieve dei primi di dicembre, privo delle angosce che ci attanagliano dal venti dicembre in poi: senti che hanno messo una bomba e ti viene in mente che è ora di addobbare l'albero e telefonare agli amici lontani. Forse c'è una spiegazione tecnica, forse sotto le feste è più facile contrabbandare esplosivi in mezzo ai botti di fine anno, non lo so. In realtà non ne sa niente nessuno.

Due anni fa (avevo appena cominciato a scrivere sull'Unità), trovai su un forum anarchico un testo che è la cosa più vicina a un manifesto della Federazione Anarchica Informale. Anche in quel caso si respira a pieni polmoni l'atmosfera della notte di San Silvestro, con quell'acre sentore di petardo. Ci scrissi un pezzo che coi suoi difetti mi sembra ancora interessante, anche se ormai di difficile reperibilità. Lo ricopio qui, credo di fare cosa non troppo inutile.


“Abbiamo scelto di colpire dove meno ve lo aspettate”, scrivono le “Sorelle in armi” nel comunicato in cui rivendicano la bomba alla Bocconi. E invece non c’è mai stata una bomba tanto prevedibile, nel luogo e nel momento in cui più avremmo potuto aspettarcela. 

Una bomba anarchica a Milano, nell’anniversario della morte di Pinelli. Una bomba anarco-insurrezionalista, mentre al vertice di Copenaghen i black bloc attiravano (o distoglievano, a seconda del punto di vista) l’attenzione del pubblico mondiale. Una bomba in un ateneo privato, mentre gli studenti italiani manifestavano per la scuola pubblica. Una bomba gravida d’odio proprio mentre Berlusconi, percosso al volto ma non domo, si dichiarava sicuro della “Vittoria finale dell’Amore”. Tanto maldestre in fatto di detonatori, queste Sorelle, quanto raffinate nella scelta dei luoghi e dei momenti più suggestivi. Raffinatezza che molti hanno voluto trovare sospetta – non saremmo più in Italia se pochi minuti dopo il ritrovamento della bomba non fosse già fiorita una specifica dietrologia. Ma bisogna anche capirci: abbiamo stragi che aspettano un colpevole da trent’anni, poliziotti che piazzano molotov… con simili precedenti è effettivamente dura per un’organizzazione terroristica alle prime armi farsi prendere sul serio. 

Il comunicato non aiuta, perché le citazioni che fino a qualche anno fa avrebbero dimostrato inoppugnabilmente il radicamento delle Sorelle nell’anarcoinsurrezionalismo ‘latino’ (la citazione dell’anarchico spagnolo Pombo da Silva, il richiamo all’anarchico cileno Mauricio Morales), nell’era di google diventano facilmente falsificabili: chiunque può farsi una cultura su da Silva o Morales in dieci minuti, e magari condirla con un verso di De Andrè che fa sempre anarchia. Questo in effetti è il punto meno credibile del comunicato: un anarchico che cita De Andrè è un po’ banale, ma un anarchico che cita De Andrè fraintendendolo così (il Bombarolo che vuole terrorizzare per non “ammalarsi di terrore” è un borghesotto figlio di papà) o è un ragazzino o un impostore. Brutta storia in entrambi i casi.

L’attenzione dei giornalisti si è concentrata sulla sillaba finale
. Bastano infatti tre lettere, la sigla Fai, per trasformare la bomba di un gruppo sconosciuto nell’ultima azione del più temibile gruppo terroristico italiano. La Fai, spiegano, sta per Federazione Anarchica Informale: e se ti dicono così, significa che la Fai ha già vinto. Non la guerra, ma almeno una battaglia di immagine contro la vera FAI, la Federazione Anarchica Italiana nata nel 1945, editrice della malatestiana Umanità Nova e depositaria della storia più nobile dell’Anarchia italiana. La storica FAI non ha mai perso un’occasione per dissociarsi dal gruppo di bombaroli che ne usurpa la sigla: anche in questo momento sul suo sito compare un comunicato che “denuncia la natura oggettivamente provocatoria e antianarchica delle esplosioni di Milano e Gradisca d'Isonzo”. Fatica sprecata: ormai per il grande pubblico la Fai sono gli anarchici che mettono le bombe. “La principale minaccia terroristica di matrice anarco-insurrezionalista a livello nazionale», secondo l’AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna). Se non proprio l’unica. 

Una “galassia”, scrive Paolo Colonnello sulla Stampa, addirittura un “universo che nel 2003 provò a colpire Prodi”. Visti gli effettivi attentati portati a termine sarebbe il caso di parlare, più che di galassia, di una costellazione. Una manciata di gruppetti, disseminati in tutt’Italia, senza nessuna velleità di costituire un movimento armato unitario (anzi, la frammentarietà è quasi rivendicata), che tra il 2003 e il 2006 hanno piazzato e spedito ordigni che anche quando sono scoppiati non sempre sono riusciti a guadagnarsi le prime pagine. Unico risultato concreto: oggi la sigla Fai è cosa loro. Fino al 2006 le periodiche consegne esplosive della Fai informale ribadivano l’esistenza di una corrente sotterranea violenta annidata tra le pieghe del “Movimento dei Movimenti”. Per i Movimenti invece la Fai informale non è mai esistita: si trattava di infiltrati, servi del potere. I loro comunicati, come s’è visto, non appaiono molto convincenti.

Forse la sola testimonianza a favore della ‘genuinità’ della Fai è l’unico bizzarro comunicato divulgato su internet, dal sito Anarchaos.it (ma “a semplice scopo informativo”). Risale al Natale del 2006 e porta il nome di “Documento-Incontro della Federazione Anarchica Informale a 4 anni dalla nascita”. Dopo una cronistoria accurata delle azioni compiute dai gruppi prima e dopo la nascita della Fai informale, il Documento riporta i verbali di una riunione natalizia in… “casa di Paperino”. Sì, perché per ragioni di segretezza i nomi degli esponenti dei vari gruppi (“COOPERATIVA ARTIGIANA FUOCO E AFFINI, BRIGATA 20 LUGLIO, CELLULE CONTRO IL CAPITALE, IL CARCERE, I SUOI CARCERIERI E LE SUE CELLE, SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE”) sono sostituiti da quelli della banda Disney. 
E così, insieme a Paperino abbiamo Paperina (che milita nello stesso gruppo, ma con qualche dubbio in più), Pippo che insiste per vedere il bicchiere sempre mezzo pieno (“la crescita anche se minima c’è stata”), Archimede Pitagorico, che opera da solo e sembra il più pratico di esplosivi, Qui Quo e Qua che vorrebbero passare alle pistole, (“noi invece andiamo avanti a dinamite, diserbante e qualche manciata di polvere nera”), eccetera. Si capisce che siamo a mille miglia dallo stile serioso e contorto dei comunicati brigatisti. I quali, proprio perché seriosi e contorti, non erano poi così difficili da falsificare. Mentre la lunga conversazione dei Paperi con Pippo ha tutta la freschezza di una bicchierata in un casolare di campagna, il camino in un angolo, i cani sotto il tavolo a rosicchiare costolette. I Paperi che festeggiano il Natale del 2006 e i quattro anni di Fai Informale non hanno per niente l’aria di infiltrati dei servizi: sono i primi a riconoscere che qualcosa non ha funzionato, ad esempio le bombe (“Magari fossimo degli specialisti, con tutte ste bombe e bombette in questi anni siamo riusciti a fare solo un paio di sbirri feriti! Fanno di più allo stadio la domenica!”), ma anche la comunicazione (“Internet per noi, che con l’informatica siamo a zero, è un problema”). Da bravi anarchici informali, non si troppo il problema di stabilire obiettivi comuni. L’unica idea accettata universalmente è la propaganda armata, poi ognuno per sé. E Archimede, che termina la riunione ansioso di “socializzare” con gli altri gruppi i suoi “fuochi d’artificio”, è il ritratto perfetto del bombarolo isolato, un po’ criminale e un po’ bambino, affamato di botti la notte di Natale. 

Troppo realista per essere finto?
 Diciamo che se è un falso, nel suo genere è un capolavoro. I dialoghi sono credibili e vanno giù che una meraviglia, come nei romanzi di Wu Ming (in effetti, se fossi un agente dei Servizi e dovessi inventarmi dialoghi del genere, da chi altri scopiazzerei?) Gli errori di ortografia non sono troppi, né troppo pochi. I paperi si scambiano le esperienze, battibeccano un po’, poi brindano all’Anarchia, senza trovare nessuna sintesi, perché la sintesi non c’è. “Mi sembra che l’indicazione sia quella di continuare”, dice Archimede, ed è il Natale del 2006. Ma nei tre anni successivi, la Fai informale non piazzerà più nessuna bomba. Un lunghissimo “silenzio operativo”, come lo chiama l’AISI, interrotto una settimana fa alla Bocconi. Eppure c’è qualcosa di veramente singolare in un gruppo che non è un gruppo, ma una costellazione di gruppetti scarsamente coordinati tra loro, che in quattro anni piazzano una trentina di bombe, e poi all’improvviso tacciono all’unisono. È difficile immaginare Paperina, Pippo e Qui Quo Qua che da città diverse aderiscono a un “cessate il fuoco” unilaterale. Se anche qualcuno l’avesse proposto, certo qualcun altro lo avrebbe rigettato. E allora cos’è successo?

Magari niente di speciale. Forse Paperina è tornata a casa con più dubbi di quelli che aveva prima, ha mollato l’eterno fidanzato vestito da marinaretto e si è laureata in zootecnia. Forse Qui ha trovato una rivoltella, si è sparato in tasca e ha accantonato la propaganda armata. Forse Archimede è esploso mentre preparava un attentato a capodanno, passando inosservato nei bollettini dei caduti del primo gennaio. Forse. Forse, più in generale, tra 2006 e 2007 è stato l’intero Movimento dei Movimenti a sfaldarsi, con migliaia di Paperine e Paperini che hanno cominciato a disertare cortei e centri sociali, mentre i loro leader si trovavano sistemazioni istituzionali (l’onorevole Caruso!) che alla lunga avrebbero danneggiato il loro carisma. Forse, svaporato il Movimento, non c’era nemmeno più bisogno delle frange anarco-insurrezionaliste con le loro bombe demodé.

Finché, all’improvviso, tre anni dopo quel Natale anarchico… non ve l’aspettavate, scrivono le Sorelle in armi, lontane parenti di Paperino e Paperina. In effetti no, ma è solo perché non sappiamo guardarci intorno. La scuola e l’università sono in fermento, la piazza si riempie di antiberlusconiani a cui non serve più nemmeno un partito per radunarsi (basta Facebook). Il Presidente, colpito da un pazzo, denuncia un clima d’odio montato da internet e dai giornali… no, decisamente, una bomba avremmo potuto anche aspettarcela.

3 commenti:

  1. In Italia c'è appena stato uno dei peggiori pogrom degli ultimi anni. Non c'è scappato il morto solo perchè le vittime sono scappate per i campi. Sto facendo il giro di tutti i principali blog che conosco per sollecitare tutti a scrivere due parole di indignazione in proposito.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/10/torino-stuprata-smentisce-fiaccolata-finisce-lincendio-campo/176718/

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  2. Guarda, è senz'altro una delle pagine più sconce della nostra storia, però il giorno in cui i blog si trasformeranno in erogatori di "due parole di indignazione", quel giorno bruciateci noi.

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  3. concordo con tutto ciò che scrivi tranne che sul fatto che si interpreti male il bombarolo di de andrè...ovvero..è certo che molti intendano e vedano erroneamente nel bombarolo un eroe ma garantisco che se c'è ancora qualcuno che si vede costretto a terrorizzare piuttosto che essere terrorizzato è merito di un esasperazione che attanaglia da mattino a sera,sarebbe confortante sapere che qualcuno oltre a condannare i gesti provasse a intercettarne le cause e le origini..delle volte penso che ogni bombarolo che ci sta intorno non possa capire ciò che sta facendo finchè non porta a termine il suo piano..come se il bombarolo per svegliarsi debba esser giudicato e condannato...questo più che un commento pare uno sfogo..grazie...
    roberta

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