Bossi era quel personaggio lì, il boccalone pieno di inventiva che nei bar della Valpadana conosciamo bene; in seguito ha fondato una lega che è diventata un movimento che è diventata un partito che ha cambiato la Storia d'Italia e gli ha fruttato anche qualche soldino, ma non ha mai smesso di essere quello lì: uno che non ha bisogno di titoli per fiutare dove va il vento, uno che non lo freghi. E invece l'han fregato i figli, che Bossi in un qualche modo avrebbe voluto diversi da lui: lui ci ha provato a farli studiare, ma niente da fare. È il problema della seconda generazione, anche questo in Valpadana lo conosciamo bene: il padre ignorante ma di cervello fino fonda un'azienda, in questo caso un partito: i figli crescono svogliati, il padre li manda all'università e loro si comprano la laurea: se nostro padre non ne ha avuto bisogno per fare fortuna, perché dobbiamo perdere tempo noi? La crisi dell'imprenditoria italiana si può anche raccontare così: giovani virgulti che non hanno studiato ereditano aziende a conduzione famigliare che erano innovative e concorrenziali vent'anni prima. Non resta che piangere miseria, dare la colpa ai cinesi e abolire l'articolo Diciotto. Nel frattempo si vota Lega, il partito che non ti fa sentire ignorante. Ma forse c'è un equivoco. (Continua e si commenta sull'Unita.it, H1t#121)
Il nord operoso ha un problema con la scuola, e con l’università in particolare. Per molto tempo non ci ha creduto; tuttora in molti distretti industriali la scuola dell’obbligo viene scambiata per un comodo parcheggio sulla via del laboratorio dei genitori, e l’estensione dell’obbligo alla prima superiore per un’odiosa imposizione statale, paragonabile alla leva militare: che senso ha passare un altro inutile anno sui banchi quando chi si mette a lavorare a 16 anni a 20 guadagna già il doppio di un laureato? Chi la pensa così non ha tutti i torti, anche se spesso vota Lega.
Però Bossi non la pensava proprio così. Lui davvero ci teneva che Renzo e Riccardo studiassero. Anche a lui sarebbe piaciuto avere un titolo di studio serio, se è vero come si racconta in giro che organizzò ben tre feste di laurea (senza laurearsi mai). Tutta la sua parabola famigliare e familista mostra una vera ossessione ben poco settentrionale per il ‘pezzo di carta’: lo stesso Belsito, ex buttafuori e poi tesoriere che nelle intercettazioni parla di tre lauree pagate alla “famiglia”, aveva ritenuto necessario procurarsi una maturità privata (in un istituto di Frattamaggiore, provincia di Napoli!) e due lauree tra Londra e Malta. Tutto questo magari non ha nessun senso. Ma potrebbe anche dirci qualcosa sul gruppo dirigente della Lega, che anche se era votata da operai e piccoli imprenditori, non era stata fondata da un operaio, né da un piccolo imprenditore: bensì da un boccalone con un libretto finto e un diploma preso per corrispondenza, sposato in seconde nozze con una maestra elementare di origini siciliane. Uno che quando il Nord tirava davvero, e portava l’intera Italia fuori dalla povertà, stava al bar, suonava la chitarra, e in casa raccontava di avere un posto in ospedale. Di uno così, nordisti laboriosi, vi siete fidati per vent’anni, perché? Forse perché non avete studiato abbastanza. http://leonardo.blogspot.com