Venerdì qualcuno è entrato nella casa bolognese di Alberto Nerazzini, il giornalista di Report. Gli ha portato via attrezzature audio e video professionali, e i computer vecchi e nuovi: e nessun altro oggetto di valore. Sui giornali non se n'è parlato molto - è quasi comprensibile, siamo in crisi di governo, come d'altronde sempre. E poi forse c'è anche una questione di temperamento. Nerazzini è bravo a fare le inchieste, sfido chiunque a dire di no. Può darsi che non sia altrettanto bravo a trasformare sé stesso in una notizia: altri forse al suo posto avrebbero subito forato il video dichiarando cose altisonanti del tipo Non Ci Arrenderemo Mai. Nerazzini si è limitato ad ammettere di aver perso l'archivio degli ultimi anni di lavoro, e che gli ci vorrà del tempo per ricominciare: se gli volevano tagliare le gambe gliele hanno tagliate. In quest'ultimo periodo era tornato a lavorare nella Locride, stava documentando un processo per 'ndrangheta. Però in questi anni, dalla Sicilia della malasanità alla Lombardia delle cliniche d'oro, di nemici se ne dev'essere fatti parecchi (continua sull'Unità.it).
Anche se è un mio amico, non so proprio cosa potrei consigliargli. Posso solo immaginare come ci si deve sentire nel momento in cui qualcuno ti dimostra che può entrare in casa tua quando vuole, e prenderti quello che vuole. Credo che valga la pena di tenere ancora in giro la notizia: c’è un giornalista, un bravo giornalista, che è stato vittima di un gravissimo atto d’intimidazione. E chiedere a chi passa di qui: ricordate quando Annozero faceva dei reportage coi fiocchi? A volte erano cose di Nerazzini. Vi ricordate certi servizi degli ultimi anni di Report che hanno lasciato il segno? Parecchi li ha realizzati Nerazzini. Fin qui non aveva una scorta, e adesso non ha più i microfoni e le videocamere. Fate girare: più gente lo sa meglio è. Di certo nessuno è indispensabile, ma se si ferma lui ci sentiremo tutti un po’ meno informati, un po’ più poveri. Dopodiché potrebbe anche fermarsi per un po’, ne avrebbe il diritto: negli ultimi dieci anni non è stato fermo un attimo, ne ha appena festeggiato quaranta e il suo ultimo lavoro sulla ‘Ndrangheta è stato trasmesso in Ontario, Canada (i boss cominciano ad ammazzarsi anche là). Cuffaro è in prigione, Don Verzè non c’è più, hai nemici in due continenti diversi: ma hai anche tantissimi amici. Forza.
tutto giusto. ma figlio mio, dropbox no, eh?
RispondiEliminaLa storia di Nerazzini ci insegna comunque, oltre all'immenso rispetto dovuto a chi fa vera informazione, che un backup conservato lontano dall'originale è essenziale per chiunque lavori con materie "delicate".
RispondiEliminaSaluti,
Mauro.
In teoria anche la roba messa su fropbox non e' al sicuro: basta forzare l'account e cancellare tutto da remoto, e poi aspettare che la cancellazione si proaghi ai dischi locali.
RispondiEliminaSì, certa gente, se fosse veramente prudente, farebbe tutta una serie di cose.
RispondiEliminaTemo però che certa gente, se fosse veramente prudente, non farebbe il mestiere di Alberto.
@Leonardo T: sinceramente non vedo molto il nesso fra l'essere giornalisti senza paura e non avere una minima cura dell'archivio, che avrebbe potuto perdere anche per un guasto o per un incendio, visto il modo in cui lo teneva.
RispondiEliminaI cloud non sono sicuri ma una precauzione in più non farebbe male.
RispondiEliminamah.
RispondiEliminase io avessi del materiale delicato ne farei più di una copia; e per ulteriore misura di sicurezza, non lo direi in giro.
e questo signore tutto sembra, fuorché un fesso...
doveva farsi un backup!
RispondiEliminaMarchetti
RispondiElimina"basta forzare l'account"
certo, dicasi password...
Vai Nerazzini!
RispondiElimina