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venerdì 1 marzo 2019

I santi hikikomori

1° marzo – Santa Domnina, hikikomori del secondo secolo dC.

Non è Donnina, ma Rosa da Lima
Di Domnina si sa soltanto che era una ragazza cristiana di buona famiglia in una zona della Siria risparmiata dalle persecuzioni. Riuscì comunque a diventare santa il più presto possibile costruendosi una capanna nel cortile della casa materna da cui non uscì più: ivi pregò e digiunò fino a morirne, e questo è più o meno tutto quello che ci racconta di lei Teodoreto, vescovo di Ciro, tre secoli più tardi. Il che ci lascia sospettosi: nel secondo secolo i cristiani non praticavano ancora l’autoreclusione, ma nel quinto sì. Vuoi vedere che Domnina è una santa inventata? Anche il suo nome lascia perplessi: deriva evidentemente dal latino domus, “casa”, e malgrado in Siria si parlasse piuttosto greco o aramaico, Domnina sembra proprio il nome che un agiografo con poca fantasia darebbe a una ragazzina la cui santità consistesse nel chiudersi in casa a vita.

Il fatto che sia probabilmente una santa inventata non la rende meno interessante, anche perché a volte un santo immaginario è solo il preannuncio di un santo vero; forse il mendicante Alessio non è mai esistito, ma mille anni più tardi i popolani romani si affezionarono al mendicante San Benoit Labre perché un po’ gli assomigliava; San Pelagio non è mai stato fatto uccidere da un monarca vizioso, ma a San Kizito è successo davvero, poco più di un secolo fa; e se anche non c’è mai stata davvero una Santa Domnina, tante altre ragazze avrebbero in seguito scelto di autorecludersi in una dépendance della casa dei genitori. La più famosa è probabilmente Santa Rosa da Lima, che oltre a pregare e digiunare strimpellava la chitarra, e questo le bastava (a 15 anni, ve lo dico, sarebbe bastato anche a me). Per ottenere questo stato di grazia, aveva dovuto lottare non poco contro i famigliari, che avrebbero preferito vederla ammogliata, o almeno titolare di una cella di riguardo in un convento: ma niente da fare, Rosa preferiva restarsene chiusa in casa, come Domnina. Come gli hikikomori.
Avete mai sentito parlare degli hikikomori? Ultimamente hanno scoperto il fenomeno anche i Fratelli d’Italia – nel senso del partito di Giorgia Meloni. “HIKIKOMORI“, spiega fratel Massimo Ruspandini, “è un termine giapponese che significa “stare in disparte”. Hanno tra i 14 e i 25 anni e non studiano né lavorano. Non hanno amici e trascorrono gran parte della giornata nella loro camera. A stento parlano con genitori e parenti. Dormono durante il giorno e vivono di notte per evitare qualsiasi confronto con il mondo esterno. Si rifugiano tra i meandri della Rete e dei social network con profili fittizi, unico contatto con la società che hanno abbandonato. È QUESTO IL MONDO VERSO IL QUALE STIAMO ANDANDO?

Può anche darsi. Ma è anche il mondo dal quale provenivamo: un mondo in cui la scelta di appartarsi o autorecludersi è sempre stata un’opzione praticata da una minoranza non irrilevante di giovani, adulti e anziani. Abbiamo avuto l’ascetismo tardoantico, il monachesimo medievale; monache e suore di clausura; e poi certo, Diderot ci ha fatto scoprire che molte di queste persone venivano costrette dai genitori; Manzoni ci ha spiegato che questa costrizione prendeva molto spesso le forme di una coercizione psicologica così pressante da togliere alle vittime anche la consapevolezza di essere tali, convincendole di aver preso liberamente i voti di castità, obbedienza e clausura. Ma le testimonianze del passato ci dicono che nelle celle contigue c’è sempre stato chi ci entrava liberamente e volentieri: chi per entrarci doveva addirittura sfidare i genitori o scappare di casa. E c’era chi – come Rosa, come Domnina – dalla casa dei genitori non voleva semplicemente uscire.
Francesco Jodice, Yasuaki, Hikikomori, 2004
Stampa inkjet su carta cotone, 65×83 cm© Francesco Jodice.
Galleria Civica di Modena, Raccolta della Fotografia, StartFragment
Questo succedeva, nel mondo da cui provenivamo. Ma ce lo siamo dimenticati, e così ci preoccupiamo perché in Giappone oggi c’è gente che non esce di casa. Quello che ci spaventa del mondo del futuro è quello che non ricordiamo del mondo del passato. Si dice spesso che chi non studia il passato è condannato a riviverlo: si dice così spesso ché dopo un po’ viene a noia. Onestamente non sono convinto che studiare il passato sia sufficiente ad allontanarlo da noi: ma aiuta a non trovarsi impreparati. Abbiamo degli hikikomori? Facciamoli conoscere, creiamo una comunità, magari affittiamo loro un eremo in campagna, vediamo cosa ci salta fuori. Magari anche qualcosa di utile; per esempio mettiamo che crolli la civiltà occidentale (anche questa cosa non sarebbe la prima volta che succede) o peggio: mettiamo che internet si pianti all’improvviso con tutto lo scibile umano intrappolato dentro, compreso l’archivio del Post: non sarebbe una grande cosa se nel frattempo da qualche parte un ordine di hikikomori molto metodici e nerd si fosse stampato tutto l’Internet Archive? Poi mal che vada si ricopia a mano. Chissà se abbiamo abbastanza hikikomori, però (forse dovremmo produrne di più).

7 commenti:

  1. Nn ho parole!
    Riesci a riprendere sempre le redini dal regressismo sociale.
    Controintuizione progressista!
    Sei un grande pensatore dei nostri tempi...qualche hukikomori del futuro ti renderà immortale...

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  2. "Facciamoli conoscere, creiamo una comunità, magari affittiamo loro un eremo in campagna, vediamo..."

    se me fate fuma' io mi arruolo.

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    1. ("fottiti"...?

      ommannaggia li pescetti, qua abbiamo un veemente hikikomori da tv commerciale in fascia protetta. e salutista, pure. oggesùggesù)

      aho leona' affittane due de eremi che io vado a quell'altro.

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  3. bravo. senza punto esclamativo emana più serena virilità.

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