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1967: Le reazioni (#249)
1974: No U Turn (#136)
1967: Le reazioni (#249)
Il lato B del singolo La torre, con cui il giovane Battiato si getta nella mischia del mercato musicale, forte di un contratto con la Jolly e di un amico in paradiso come Giorgio Gaber. È una delle prime canzoni di cui Battiato scrive testi e musiche (anche se alla Siae non risulta perché non era ancora iscritto), ma la sensazione è che più dei testi e delle musiche – non troppo memorabili – gli interessi costruire un personaggio, un ragazzo tormentato e scostante che vive l'amore come un'esperienza destabilizzante e forse preferirebbe farne a meno. Tutto questo non è soltanto autobiografico e anticipatore di tanta poetica battiatesca nei decenni a venire, ma nei secondi anni Sessanta si sposa a un'estetica esistenzialista che forse non era la più apprezzata dai giovani acquirenti di dischi, ma un suo mercato lo aveva: il campione di questo mood era Luigi Tenco, che proprio nel 1967 aveva deciso di chiamarsi fuori nel modo più assurdo possibile. Battiato ripartirebbe da lì, con arrangiamenti più aggiornati alle novità del rock inglese (non ho capito se c'è già Logiri alla chitarra, ma qualcuno comunque deve aver ascoltato se non Jimi Hendrix almeno gli Yardbirds). Il tutto ovviamente solo nel caso che al pubblico questo Giovane Arrabbiato piacesse, il che non accadde, anche se è difficile capire il motivo: quel che è sicuro è che persino Battiato accettò di ripiegare su tematiche più amorose e meno arrabbiate.
1974: No U Turn (#136)
“Uomini di una certa età che la sera vanno in cerca di affetto nei parchi. Soffrono ansie e paure per false morali e ai loro figli le insegnano uguali. Egregio signor ministro, sei sicuro che i tuoi problemi sono uguali ai miei? Io so che la vita come nasce muore. A che ti serve l’abuso del potere?” Queste parole nascoste canta Battiato nella prima parte di No U Turn: un embrione di canzone che nel 1974 suonava ai concerti e che in Clic è incisa a rovescio: contiene, come si vede, due immagini che torneranno più volte nella sua produzione successiva: gli uomini che cercano l'amore nei parchi e gli "abusi di potere". Nella seconda parte, la prima seria introspezione della sua carriera, la confessione di una crisi esistenziale: "Per conoscere me e le mie verità io ho combattuto
fantasmi di angosce con perdite di io. Per distruggere vecchie realtà ho galleggiato su mari di irrazionalità. Ho dormito per non morire buttando i miei miti di carta su cieli di schizofrenia". No U Turn è l'unica vera "canzone" di quel difficile lavoro che è il disco del 1974, Clic, e sarà l'ultima cantata da Battiato prima dell'Era del cinghiale bianco, cinque anni dopo. Di tutti i cavalli di battaglia del periodo Bla-Bla, è quella che si fa più fatica a catalogare: manca il riff orecchiabile di Areknames, manca l'incanto sospeso di Sequenze e frequenze, ma in generale tutte le concessioni all'orecchiabilità strappate con Aries sono qui rinnegate. Del resto non si torna indietro, No U Turn vuol dire questo (oppure vuol dire: non rovesciate il nastro, ahi, troppo tardi).
1983: La stagione dell'amore (#8)
I desideri non invecchiano quasi mai con l'età (quel "quasi" l'ho sempre trovato tremendo). Cosa ci si aspetta da un cantante pop, cosa deve fare se non soffrire con noi, farci capire che ha perso le stesse occasioni che abbiamo perduto noi, e ricordarci che comunque ci sarà sempre un altro entusiasmo che ci farà pulsare il cuore? Sulla carta, La stagione dell'amore è la canzone pop perfetta, non c'è una parola di troppo (forse quel "quasi"). Lo è anche dal vivo: è una di quelle manciate di canzoni che da subito il pubblico cominciò a cantare all'unisono, l'Albachiara di FB. Quanto alla versione da studio, riascoltarla è sempre un lieve choc, dato che tutta la distanza ironica che Battiato nel 1983 voleva mettere tra sé e la popstar che il pubblico vedeva in lui sta nell'arrangiamento elettronico, volutamente minimale e asettico, che già al tempo lasciava perplessi e oggi suona proprio pacchiano. Lo si capisce meglio dal video, dove FB ci delizia con una delle sue danze goffe che chiariscono che almeno per i discografici lui era il David Byrne italiano e ci si aspettava che facesse il matto più o meno nello stesso modo. Quei due sciocchi accordi in levare del Roland che ci perseguitano per tutta la canzone sono il messaggio di un artista sequestrato: aiutatemi, lo capite che io non voglio veramente cantare questa roba, che è tutta una farsa, sì? La EMI mi tiene prigioniero, fate qualcosa, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso. Dieci anni dopo, nel live Unprotected, l'arrangiamento originale è completamente sconfessato: La stagione è diventato un Lied per orchestra. Altri dieci anni dopo, in Last Summer Dance (2003) finalmente ascoltiamo il pubblico cantare con Battiato dal primo all'ultimo verso. È sparita l'ironia, è sparito il postmoderno, è abbastanza sparita anche la necessità di nobilitare il brano con un'orchestrazione da camera. Quel che è rimasto è il capolavoro pop di un grande maestro e cantautore. Quindi è successo: qualcuno è riuscito a uscire vivo dagli anni Ottanta. Buon per lui.
2002: Se mai (musica di Charlie Chaplin! testo in italiano di Calabrese, Gramitto Ricci, #121)
Quando approda nel canzoniere battiatesco, Se mai ha già avuto diverse vite. La musica è tra quelle che il regista Charlie Chaplin nella sua vasca da bagno canticchia al giovane collaboratore David Raksin, incaricato di trasformarla in uno score per il finale del suo film del 1936. Siccome il film è Tempi moderni, potrebbe anche averci messo il becco l'arrangiatore Alfred Newman, col quale però in quel periodo Chaplin stava litigando e alla fine nei titoli l'unico autore delle musiche risulta lui. Chaplin non è che avesse molte velleità da compositore, il che è ben strano, perché se sei il tipo di persona che si inventa un motivetto come Smile nella vasca forse a una carriera musicale ci dovresti pensare, d'accordo che sei già un grande regista e attore ma insomma da quel momento non abbiamo più smesso di canticchiare lo stesso motivetto, che vent'anni più tardi diventa una canzone confidenziale per Nat King Cole, con un testo in inglese che si ispira proprio allo struggente finale di Tempi Moderni: sei rimasta senza casa e previdenza sociale? Non hai prospettive e l'unico a darti una mano è un vagabondo matto? Vabbe', sorridi, stringi i denti e guarda l'avvenire. Ok. In Italia il brano non è ben chiaro quando sbarchi (forse già all'altezza di Bruno Martino, ma non ho prove), in realtà lo conosciamo già perché oltre ad aver visto e rivisto Tempi moderni in qualsiasi cinema parrocchiale, il tema era diventato ubiquo in radio e più tardi in tv. La versione che si fa notare è molto tarda, addirittura del 1967 e interpretata da Nicola Di Bari con quel furore soul che avevano certi interpreti italiani del periodo, in un tentativo interessante di svecchiare il brano che però fa un po' a pugni col ritmo del brano stesso. Il testo non c'entra quasi più nulla con l'originale (che poi originale non era), perché un paroliere, dovendo tradurre "Smile", ha deciso che quello che gli interessava davvero era il suono di quella S impura e ha optato per un "Se mai" che peraltro era anche già il titolo di un brano di Adamo (cantante che Battiato coverizza nello stesso disco), mettendo il dito su una delle più insanabili piaghe del parolismo italiano, ovvero l'inflazione di rime in -ai, comode ma come dire, tutti questi sai e dai e casomai oramai erano già un po' banali prima che Mogol li rendesse obbligatori. Trentacinque anni dopo, cosa vuole fare Battiato con questa canzone? Un omaggio a Chaplin o a Nat King Cole, o vuole emendare la foga fuori luogo di Nicola Di Bari? Quest'ultima in effetti è completamente cancellata, ma se state attenti credo che potreste sentire che Battiato attacca come attacca lui, in anticipo – salmodiando invece che vocalizzando, ma è la sua versione che ha in mente, non quella americana. E siccome aveva ragione quello scrittore che diceva che la vita è più simile alle canzonette che alla musica seria, il goffo testo italiano di Se mai mette a fuoco come pochi una certa poetica della distanza sentimentale che è quella che a Battiato interessa: anche se / c'è da troppo tempo ormai / il silenzio tra di noi / io ti penso ancora (sai).
Non concordo, l'arrangiamento elettronico (l'occhio della madre) imho è notevole, persino grandioso sul ritornello; il suono di quella specie di charleston in levare, e i rimepitivi prima del secondo ritornello sono un po' rivedibili, ma nel complesso è un bel lavoro.
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