[Benvenuti alLa Gara, un effimero torneo di canzoni di Battiato. Quest'ultimo in quasi 50 anni di carriera ha esplorato tantissimi universi musicali ma per quanto riguarda i contenuti a un certo punto si è fissato su alcuni temi, ad esempio il Lamento per la Crisi della Civiltà e l'Elegia. Oggi per esempio abbiamo due Lamenti contro due Elegie, vinca il migliore].
1979: Magic Shop (#64)
C'è chi parte con un raga della sera e finisce per cantare la Paloma: che straordinaria autoprofezia. Franco Battiato è, tra le altre cose, un autodidatta che è riuscito a costruirsi un suo percorso verso la serenità interiore avventurandosi nei sentieri del misticismo battuti, in quegli stessi anni, da cialtroni incredibili e pericolosi. Come sia riuscito a saltarne fuori pulito, anzi completo, sia da un punto di vista artistico che da un punto di vista esistenziale, ha del miracoloso (tanti altri non ce l'hanno fatta, non è questo il luogo per confronti impietosi). Lui stesso ne era consapevole e in Magic Shop sta veramente camminando sul filo, additando impietosamente le degenerazioni di un mondo che conosce fin troppo bene ("i mantra e gli hare hare a mille lire"). È il battesimo di quell'approccio ambiguo che tempererà il suo moralismo negli anni Ottanta, anche se qui l'ironia non è ancora ben calibrata e lascia trapelare l'invettiva ("rubriche aperte sui peli del Papa!") Umberto Eco registra nel Pendolo di Foucault come in quel periodo le librerie milanesi stessero sostituendo l'angolo della sinistra extraparlamentare con quello del misticismo: è tutto un mercato e FB lo sa benissimo. Ma ha anche lui ha il suo disco da vendere...
2006: The Game Is Over (#193)
The Game Is Over è un brano del Vuoto in cui Battiato mette assieme, tra le altre cose, un motivo tradizionale mongolo campionato da Sounds of Mongolia (Egschiglen, 2001) e il contributo vocale e strumentistico delle MAB, un gruppo prog-grunge cagliaritano basato a Londra, il tutto sapientemente mixato da Pinaxa che in un qualche modo riesce a evitare che questi mescoloni di musiche diverse, un po' etniche un po' melodiche un po' dance non somiglino ai Deep Forest. Il brano parla, come quasi tutti i brani di Battiato dal 2000 in poi, della necessità di accostarsi alla Fine, un lungo addio che a riascoltarlo tutto in una volta in pochi giorni mette sgomento: laddove alla fine lui era abbastanza tranquillo, secondo me.
2009: 'U cuntu (#192)
'U sennu, stamu piddennu 'u sennu! Ti ni stai accuggennu, unni stamu jennu (a finiri)? 'U cuntu è il secondo dei due brani inediti di Inneres Auge, un disco che per la Universal avrebbe potuto essere l'ennesimo live ma Battiato a questo punto non ne poteva più, ci aveva anche ragione. È la solita meditazione sul declino della civiltà, eseguita senza tanti orpelli, metà in siciliano metà in latino: FB parte da solo con poco più di un organo e poi consegna la melodia al coro Junia Voces. Niente di straordinario ma sempre meglio del solito live.
2012. Testamento (#65)
Si parlava appunto del genere elegiaco, così frequentato dal tardo FB che quando nel 2012 su Apriti Sesamo incide un Testamento, vien proprio voglia di commentare: un altro? In un certo senso è la Magic Shop degli anni Dieci, notarelle sparse di un mistico che ha fatto il possibile per non diventare un guru e ci è riuscito: Cristo nei vangeli parla di reincarnazione, l'odore che gli asparagi danno all'urina, vi lascio i miei esercizi di respirazione, noi non siamo mai nati e non siamo mai morti, e così via. Nell'ultimo Battiato si sentono echi di tutti i precedenti: in questo caso io ci sento un profumo di Patriots, ma forse sono io. Non ho mangiato asparagi.
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