Se oggi è il 23 marzo, Franco Battiato avrebbe compiuto 78 anni. L'anno scorso ho afflitto i lettori con un lungo torneo dedicato alle sue canzoni – un pretesto per riascoltarle tutte. Qualcosa d'interessante ne è uscito fuori e adesso provo a ripubblicarlo in ordine cronologico, in modo da rendere tutto un po' più facilmente accessibile ai bot che in futuro passeranno di qui e cercheranno di capire perché una volta a qualcuno piaceva Franco Battiato.
Il pezzo successivo: il periodo Polydor (68/69)
I primi dischi della sua carriera, Battiato li incide per una un settimanale di enigmistica, la NET ("Nuova Enigmistica Tascabile") che allegava al numero in uscita in edicola la cover di un singolo di successo, cantata da uno sconosciuto per risparmiare sui diritti. Battiato era, perlappunto, uno sconosciuto disposto a cantare per un pezzo di pane.
1965: L'amore è partito (Cardile, #247)
"Ricordo bene quando venni ingaggiato la prima volta per quei dischi. Il maestro mi fece un provino di qualche secondo; cantai una sola strofa. 'Basta, va bene!', e mi convocò per il giorno successivo in sala d'incisione". La relativa facilità con cui viene scelto è per lui un'iniezione di fiducia che può lasciare perplessi, perché Battiato non ha mai cantato tanto male come in questo primissimo singolo del 1965, una roba da farsi ridare indietro i soldi dall'edicolante. Non ci sono spiegazioni, non ci sono scuse, Battiato si capisce che la voce ce l'avrebbe e persino il timbro giusto, vagamente 'genovese' tra un Lauzi e un Paoli (a meno che non gli avessero chiesto di imitare il cantante e autore autentico, Beppe Cardile). Epperò con questo timbro giusto Battiato non riesce a mantenere l'intonazione – in particolare sono certe note lunghe a tradirlo. Al giorno d'oggi una prestazione così non passerebbe alla prima audizione di un talent qualsiasi e questo dà la vertigine: chissà quanti geni della musica stiamo buttando via perché steccano al primo provino, gente che vent'anni dopo magari ti combinerebbe un equivalente della Voce del padrone ma non lo sapremo mai perché invece dei flexi disc tarocchi allegati alle settimane enigmistiche tarocche abbiamo i talent, e nei talent alla prima stecca sei fuori. Viene da pensare che il motivo per cui Battiato ottenne il posto con relativa facilità è l'altra mansione che accettò contestualmente: il fattorino. In un colpo solo avevano trovato un ragazzo che incideva i dischi e che li consegnava nelle edicole. L'amore è partito è un giro di do che si distingue da altri cento per la curiosa prosopopea: l'Amore in questo caso è una vera e propria entità che ha abbandonato i due innamorati, rei di essersi comportati male nei suoi confronti, una cosa che non era venuta in mente credo neanche a Guido Cavalcanti, mentre Beppe Cardile la portò a Sanremo e oggi su Youtube lo salutano e gli scrivono "Hai avuto il privilegio di vivere degli anni bellissimi e l'onore aver scritto una canzone per il maestro Franco Battiato" e lui deve pure abbozzare.
1965: E più ti amo (Amurri, Barrière, Ferrari, Pallavicini, #38)
"Mi presentai incosciente: era la prima volta che entravo in un posto del genere. Il pezzo era E più ti amo di Alain Barrière. Mi misi la cuffia. Il maestro mandò la base. Finii di cantare. Mi disse che andava bene. Per me era un successo. Quel giorno ho capito che cantare e fare musica sarebbe diventato il mio mestiere" (Tecnica miste su tappeto, 1992).
Battiato non amava i suoi dischi degli anni Sessanta. Non gradiva che li ristampassero: si oppose con fermezza a una riedizione ragionata del 33 giri fantasma del 1969. Non li aveva inseriti nelle prime versioni del suo sito ufficiale e non li reinterpretò mai, con una sola eccezione. Questa eccezione purtroppo è una canzone d'amore abbastanza ordinaria ma che per Battiato doveva avere avuto un'importanza particolare: con E più ti amo aveva capito che avrebbe potuto farcela. Avrebbe vissuto di musica. Non sarebbe stato facile, ma sarebbe stato il suo mestiere. Battiato sostiene di "ricordare bene" la circostanza, ma a guardare le date il primo flexi a uscire sarebbe stato L'amore è partito, il 20 febbraio, mentre E più ti amo sarebbe uscito soltanto il 27 marzo (e come lato B). Ma se L'amore è partito è cantata abbastanza male (sembra difficile pensare che Battiato abbia vinto un ingaggio con una prova del genere), E più ti amo è veramente la dimostrazione che questo ragazzo ha trovato il suo mestiere: non solo la voce è educata ed espressiva, ma si ha la sensazione che Battiato stia modellando il proprio timbro per assomigliare all'originale che sta imitando – ricordiamo che questi flexi disc sono imitazioni, la gente li portava a casa per avere una versione simile all'originale ma a prezzo scontato. Questo originale non è, come molti scrivono, Gino Paoli, ma lo stesso Alain Barrière che aveva inciso la canzone in un buon italiano con un'affascinante cadenza straniera: ecco, anche Battiato riesce a dare alla sua interpretazione un accento 'altro', e se non sembra un cantante francese, non sembra nemmeno del tutto italiano (ecco uno dei rari casi in cui la fonetica siciliana poteva risultare un vantaggio). Quarantaquattro anni dopo, Battiato deciderà di reincidere la canzone nel suo terzo CD di cover, riconoscendo così per la prima volta la continuità sotterranea tra i suoi Fleurs e la precoce carriera d'interprete negli anni Sessanta.
1967: La torre (Medini/Lamorgese, #248)
BATTIATO: Siete degli ipocriti.
CASELLI: Ma chi è questo?
GABER: Io l'ho già visto. Sembra me con la barba e i baffi.
CASELLI: Esatto!
GABER: Ma insomma, si può sapere cosa vuoi tu?
BATTIATO: Cosa voglio? Sbattervi giù dalla torre!
Quella sera a Diamoci del tu Caterina Caselli presentava un artista promettente, relativamente conosciuto per le canzoni che aveva scritto per l'Equipe '84, di taglio cantautorale, molto riconoscibili rispetto al resto del loro repertorio: Auschwitz, Dio è morto (quando sente i titoli il pubblico applaude). Si chiamava semplicemente Francesco, come oggi i concorrenti a X Factor, e la Caselli spiega che il suo genere è la "folksong". Ma nella stessa puntata anche Gaber, il copresentatore, portava una sua giovane promessa: un giovanotto dinoccolato che per l'occasione deve rinunciare al suo nome di battesimo, dato che si chiamava Francesco pure lui. Da lì in poi si chiamerà Franco Battiato, anche per sua madre. A differenza dell'altro Francesco, Battiato non ha nessun titolo con cui impressionare il pubblico: gli unici dischi che ha inciso sono quel paio di 45 giri di cover per una rivista enigmistica; Gaber l'ha scovato in un'osteria dove assieme a Gregorio Alicata cantava canzoni siciliane spacciandole per medievali e lo ha portato alla Jolly. La torre è un brano molto acerbo che declina un certo atteggiamento scostante di marca esistenziale con un ritmo trascinante da marcetta, alla Anthony: insomma due tendenze di segno opposto, ma entrambe di provenienza francese, mescolate assieme nella speranza che funzionino e col senno del poi sembra abbastanza chiaro che no, non possono funzionare le lagne e le marcette nello stesso brano. Era un esperimento, in quegli anni le si provavano un po' tutte e anche un buco dell'acqua non era una tragedia. Battiato avrebbe potuto scomparire di lì a poco come centinaia di altri. Persino l'altro Francesco (Guccini) avrebbe potuto scomparire: malgrado gli applausi, il suo primo album da folksinger (per la Voce del padrone!) vendette 500 copie, oggi ci vai in top100 ma ai tempi erano pochissime. Conteneva tra l'altro un brano che sembra la parodia del Battiato della Torre, l'Asociale: "sono un tipo antisociale / non m'importa mai di niente / non m'importa del giudizio della gente... in un'isola deserta / voglio andare ad abitare / e nessuno mi potrà più disturbare". Cioè è davvero la stessa cosa che canta Battiato, ma senza marcette fuori luogo e con parecchia ironia in più. Però il brano era già uscito su un 45 giri l'anno prima, quindi no, Guccini non stava prendendo in giro Battiato. Al massimo stava canzonando un atteggiamento, un mood che al tempo di Battiato era già un luogo comune.
1967: Le reazioni (Medini/Lamorgese, #249)
Le reazioni è il lato B del singolo La torre, dove per la prima volta Battiato compone musiche e testi, anche se alla Siae non risulta perché non era ancora iscritto. La sensazione è che più di musiche e testi – non troppo memorabili – gli interessi costruire un personaggio, un ragazzo tormentato e scostante che vive l'amore come un'esperienza destabilizzante e forse preferirebbe farne a meno. Tutto questo non è soltanto autobiografico e anticipatore di tanta poetica battiatesca nei decenni a venire, ma nei secondi anni Sessanta si sposa a un'estetica esistenzialista che forse non era la più apprezzata dai giovani acquirenti di dischi, ma un suo mercato lo aveva: il campione di questo mood era Luigi Tenco, che proprio nel 1967 aveva deciso di chiamarsi fuori nel modo più assurdo possibile. Battiato ripartirebbe da lì, con arrangiamenti più aggiornati alle novità del rock inglese (non è chiaro se ci sia già Logiri alla chitarra, ma qualcuno comunque deve aver ascoltato se non Jimi Hendrix almeno gli Yardbirds). Il tutto ovviamente solo nel caso che al pubblico questo Giovane Arrabbiato piacesse, il che non accadde. Lo stesso Battiato accettò di ripiegare su tematiche più amorose e meno arrabbiate.
1967: Il mondo va così (Buffoli, Dutronc, Lanzmann, Pagani, #222)
Il mondo va così (da non confondere con Ecco com'è che va il mondo) è una delle cover più interessanti non solo del Battiato anni Sessanta, ma di Battiato in generale. Nel 1966 Jacques Dutronc aveva scalato le classifiche francesi a sorpresa con Et moi et moi et moi, una simpatica canzoncina di sapore boris-viannesco che esprimeva il senso di vertigine dei borghesi francesi della prima generazione postcoloniale: il mondo sta diventando immenso, i cinesi sono addirittura "settecento milioni", e noi e noi e noi con le nostre macchinine e i nostri cagnolini, che aspettiamo l'assegno a fine mese "comme un con de parisien". Qui si vede come sia più complicata di quel che sembra, l'arte di tradurre una canzone in un altra lingua: la canzone nasce dal senso di frustrazione di un ex impero che si riscopre al margine del mondo, ma noi italiani in quel margine ci siamo sempre stati (e se avevamo un impero lo abbiamo completamente rimosso). Un'altra cosa quasi impossibile da trasporre in italiano è l'attitudine di Dutronc, quel "ci penso e poi me ne dimentico, c'est la vie", non a caso blasé e nonchalance sono parole che non traduciamo. A questo punto un'opzione può essere: prendere la musica e scrivere un testo completamente diverso – si ottiene così ad esempio E voi e voi e voi di Gene Guglielmi. Herbert Pagani e Vittorio Buffoli optano per una soluzione diversa, che si adatta così tanto alla sensibilità di Battiato che viene da pensare che quest'ultimo ci abbia messo le mani, anche se alla Siae ancora non poteva risultare. Tutt'altro che blasé, Battiato assume lo stesso atteggiamento savonarolesco già intravisto nel primo singolo, La torre, con quel "non finisce qui" che a noi italiani ricorda facilmente il "Verrà un giorno" di fra Cristoforo. Perché alla fine il giorno viene: l'altra novità rilevante rispetto all'originale di Dutronc è la prospettiva apocalittica. È una sfumatura espressa non soltanto con le ultime parole del testo ("il mondo va così, forse finisce qui"), ma soprattutto con la musica: la canzone di Dutronc era statica, una serie di strofe ognuna uguale all'altra come i giorni del parigino medio. La versione di Battiato è incalzante come un mondo che ci sta cambiando sotto i piedi: il ritmo accelera, la tonalità sale, quando il livello si fa insostenibile un intermezzo swingeggiante riporta la canzone al punto di partenza, ma dura solo il tempo di prendere fiato. C'è già Battiato, in questa canzone: la sua vocazione a complicarsi la vita prendendo una filastrocca semplice e trasformandola in un'opera di due minuti, che troviamo in tutti i 45 giri degli anni Sessanta tranne nell'unico che riuscì a piazzare in classifica (È l'amore). C'è il dito puntato su una civiltà al tramonto, e l'ammissione di non potersi chiamare fuori. Nel frattempo i cinesi sono più o meno raddoppiati, e Il mondo va così suona ancora più attuale.
1967: Triste come me (Medini, Buffoli, Alicata, #227)
Triste come me è il lato B di Il mondo va così, il secondo e ultimo singolo stampato per l'etichetta Jolly che malgrado il sostegno di Gaber questi dischi non riusciva proprio a venderli. È una delle canzoni meglio riuscite a FB negli anni Sessanta: abbandonato il maledettismo della Torre e delle Reazioni, non ancora abbracciato il sentimentalismo stagionale dei successivi 45 giri targati Philips, qui il cantante è semplicemente triste perché gli amici lo hanno tradito, e lo racconta in una canzone non troppo complicata che si gioca tutto sulla variazione dinamica tra strofa (in tre quarti) e un ritornello che 'esplode' (in 4/4): un trucco che Battiato continuerà a eseguire anche nei singoli successivi, ma con meno leggerezza. Tra gli autori compare l'amico e mentore Alicata, ma anche in questo caso Battiato potrebbe averci messo del suo. Chiunque l'abbia scritto, comunque, doveva conoscere The Pied Piper di Crispin St. Peters (1966): questo almeno spiegherebbe come mai nel 1967, l'anno di Bandiera gialla (che era una cover di The Pied Piper) Battiato si ritrovi a cantare una canzone tematicamente tanto diversa e melodicamente così simile.
Uff... sei pure laureato in Lettere! Perché non leggi per esempio l'Arcadia di Sannazaro e ci dai periodici ragguagli? Invece di 'sti vecchi pacchi di patatine.
RispondiEliminaO.T.
RispondiEliminaEhi Leo, grazie a Mario Giordano stanno uscendo un bel po' di cosucce sulla gestione della pandemia. ..
ah beh conoscendo Giordano dev'essere roba buonissima
EliminaSi, effettivamente quadro piuttosto desolante a 360 gradi...o 365 come direbbe bubu..
EliminaDopo tutto quello che è uscito, se tornassi indietro non farei nessuna delle tre dosi....
EliminaHai fatto solo tre dosi? Pazza!
EliminaSbaglio o sei Gustavo con la parrucca della zia?
Certo che ne ho fatte tre. Dico solo che a leggere le varie chat si ha impressione che volessero spingere per i vaccini a prescindere ..e comunque non porto la parrucca, tu invece hai il parrucchino?
EliminaNadia, il punto non è "il difficile rapporto di alcuni italiani coi vaccini". Il punto è il difficile rapporto con omissioni, menzogne, comunicazione confusa e contraddittoria....
EliminaMi sembra che il punto sia il tuo difficile rapporto con te stesso. A chi stai rispondendo, adesso?
EliminaConsidera la possibilità che ai lettori di questo post non possa interessare meno dei vaccini, di Giordano, delle sciocchezze che scrive, dei tuit e dei rituit.
Se non vuoi vaccinarti, vaccinati lo stesso e smetti di rompere i coglioni.
Se per favore puoi passare l'invito anche alle varie conviventi e badanti che continuano a scrivere col tuo IP.
Ti chiami Nadia?
EliminaSo che Giordano, non ti è simpatico, ma il punto non è Giordano. Leggi chat tra Brusaferro Sileri Speranza e comunicazioni Aifa, e poi mi dici se decisioni prese sono state sanitarie o politiche ...
Giordano è simpaticissimo e ti vende la roba che vuoi leggere: sospetti campati in aria su argomenti per i quali non sei preparato. Smettila di farti coglionare da gente del genere, vaccinati, e non pensare che in un qualche modo convincerai qualcosa di una tesi che non capisci scrivendo sciocchezze anonime in un posto dove nessuno le legge a parte il gestore. È una perdita di tempo, più per te che per me.
EliminaCredo si chiami bias cognitivo, la storia dirà se riguarda me o te ..
EliminaP.s.
Già te l'ho detto. Ho fatto tre dosi, ma ho mantenuto la capacità critica per vedere le incongruenze e la cialtronaggine di chi ha gestito.
Tu ovviamente sei liberissimo di tenere testa sotto la sabbia
Certo che l'hai detto, ma ti sei firmato Silvana...
EliminaNo, l'avevo detto in una precedente discussione
EliminaDai Gustavo sei patetico
EliminaMa con tutti i blog per no-vax che ci sono nella rete, perché questo Gustavo viene a rompere i cosiddetti in un blog su Battiato? Almeno ci dicesse che anche Battiato era un no-vax....
RispondiEliminaPiuttosto idiota etichettare come no vax chi, dopo aver fatto tre dosi, mette in discussione la gestione della pandemia.
EliminaÈ un un atteggiamento proprio di chi ha una mente semplice, facilmente manipolabile...
Idiota è chi l'idiota fa
EliminaA proposito, Gustavo, quando ci avresti fatte?
Massi' ...è meglio scrivere sciocchezze invece di prendere consapevolezza che chi avrebbe dovuto tutelarci ci stava dicendo menzogne. Soprattutto per chi è dipendente dalla mammella di mamma stato, sarebbe troppo doloroso e provocherebbe uno scompenso...
EliminaLeo, va tutto bene...
La pandemia è stata gestita malissimo: nei Promessi Sposi, essa è una scopa che spazza via tutti i vari Don Rodrigo, mentre nell'Europa del 21 secolo i rompiscatole sono rimasti tutti.
EliminaLa Provvidenza non è con noi.
Mi stai augurando la morte?
EliminaConsideri te stesso un rompiscatole?
EliminaInteressante, pensavo tu ti considerassi una persona che cerca di avvertire gli altri di un pericolo.
Ma se tu stesso ti consideri un rompiscatole tipo Don Rodrigo, allora vuol dire che nemmeno tu credi alle cose che scrivi.
E se non ci credi tu in prima persona, come facciamo noi a prenderti sul serio?
Mi fa piacere questa tua retromarcia.
EliminaNon devi prendere sul serio me, dovresti prendere sul serio la tua intelligenza e leggere documentazione Aifa e dialoghi tra politici Aifa stessa e Iss.
Poi mi farà piacere che tu mi dica che sono fake. Se ancora non l'hai capito, io non faccio parte di nessuno schieramento.. .
Temo che la tua coda di paglia nonché il fremente desiderio di scrivere sempre qualcosa ti abbiano fatto gettare la maschera.
EliminaSe tu per primo consideri te stesso un rompiscatole, un Don Rodrigo da spazzare via con la peste, come possiamo noi prenderti sul serio?
Torniamo a Battiato, che è meglio, invece di fomentare una persona che per propria stessa ammissione ha come scopo di rompere le scatole al prossimo.
Qui(https://youtu.be/TCl_k6xnGW4) trovate il brano "La Torre" su YouTube.
RispondiEliminaCredo che con qualcuna di queste canzoni (magari con qualche virgola aggiustata qua o la) abbia rischiato di diventare uno di quei cantanti famosi per una sola canzone scritta negli anni sessanta e strizzata per quarant'anni.
Per fortuna il successo non è arrivato così presto, anche se l'indole sperimentatrice che si ci ha mostrato dopo sarebbe probabilmente esplosa comunque.