16 dicembre: Sant'Aggeo, profeta del Secondo Tempio (VI sec aC).
There must have been a door when I came in... |
Verso il 520 aC l'esilio babilonese è considerato concluso; per intercessione di Ciro, scià di Persia, Gerusalemme e i suoi dintorni erano stabilmente controllati da una comunità di ebrei rimpatriati da Babilonia, che si riconosceva nella fede nell'unico Dio, il "Signore degli eserciti", nella sua legge e nei suoi rituali. E tuttavia qualcosa non stava funzionando: i fedeli che avevano seguito il leader Zorobabele e il sommo sacerdote Giosuè, credendo alle promesse bibliche di una terra promessa, dovevano constatare che in zona non scorrevano esattamente il latte e il miele. A interpretare questo scoramento è un altro brevissimo libro attribuito a un profeta di nome Aggeo.
Avevate seminato molto, ma avete raccolto poco;
avete mangiato, ma non da togliervi la fame;
avete bevuto, ma non fino a inebriarvi;
vi siete vestiti, ma non vi siete scaldati;
l'operaio ha avuto il suo salario,
ma per metterlo in un sacchetto forato.
Aggeo non solo inquadra il problema, ma presenta la soluzione: il Signore degli eserciti è insoddisfatto, perché i nuovi israeliti dopo aver costruito le loro case hanno abbandonato il cantiere del suo tempio, iniziato pochi anni prima e già in rovina. Questo forse a causa di un protratto stato di guerriglia con altre comunità che non riconoscevano la preminenza dei rimpatriati da Babilonia, come i Samaritani: ma è una congettura, per Aggeo la Storia è solo il protratto esame di coscienza di un popolo che non riesce mai a seguire il dettato del padre divino e le orme degli antenati gloriosi. Eppure un futuro meraviglioso è alle porte: è lo stesso Aggeo a socchiuderlo. "L'argento è mio e mio è l'oro, dice il Signore degli eserciti: la gloria futura di questa casa sarà più grande di quella precedente". Con Aggeo la letteratura profetica comincia a tingersi di sfumature apocalittiche: l'età mitica di Davide e Salomone sbiadisce di fronte alla promessa di un futuro regno di rettitudine tra il cielo e la terra.
È difficile ripassare la storia di Gerusalemme, e del suo popolo, senza alimentare il sospetto di una millenaria coazione a ripetere. Gli ebrei che avevano scelto di tornare da Babilonia non erano la maggioranza né degli ebrei babilonesi, né di quelli che non si erano mai spostati da Israele. Per qualche motivo ritenevano comunque di essere i più importanti: il popolo scelto dal Signore. Nel loro Libro si raccontava di un esodo più antico, dall'Egitto alla Terra Promessa, ordinato da Dio: oggi gli storici tendono a escludere che questo esodo sia mai avvenuto. È probabile invece che si tratti di una narrazione propagandistica, elaborata per fornire a una comunità religiosa un movente per un'emigrazione di massa. Gli ebrei che avevano prodotto quella narrazione non solo credevano in JHWH, Signore degli eserciti, ma lo ritenevano l'unico Dio: non semplicemente superiore agli dei degli altri popoli, ma unico; un'innovazione – il monoteismo – che avrebbe goduto di un certo successo nel bacino del Mediterraneo e oltre. Può darsi che si trattasse di una comunità di intellettuali, se è vero che discendevano dagli esuli di settant'anni prima: i Babilonesi avevano deportato soprattutto la classe dirigente. Ma una volta tornati a Gerusalemme, non è chiaro chi avrebbero dovuto dirigere. Sin dall'inizio qualcosa non va; i primi lavori di costruzione del Tempio vengono ostacolati da non meglio precisati "nemici di Giuda e di Beniamino" (Esdra 4). L'autore di Esdra riferisce che sarebbero stati inviati in zona da un re di Assiria, proprio come Zorobabele era stato inviato da Ciro; ma non li identifica con nomi di altri popoli, così frequenti in altre pagine del Libro: non sono Filistei, né Ammoniti, né Moabiti né Siri né Assiri: insomma, chi sono?
Giuda e Beniamino sono le due tribù a cui appartenevano i rimpatriati da Babilonia: è insomma lo stesso testo a suggerirci che i "nemici" siano gli ebrei delle altre dieci tribù, quelle che vivevano a nord di Gerusalemme e che in seguito sono state date per perse, mentre invece come la Lettera di Poe erano rimaste lì, proprio dove era così facile trovarle che nessuno le cercava: a casa loro. Sì, alcuni certamente avevano dovuto andarsene: parte in Egitto per scappare dalle invasioni di Assiri e Babilonesi; parte deportati in Assiria, e parte appunto a Babilonia. Ma nessuna deportazione aveva veramente fatto il vuoto; e così quando i discendenti della classe dirigente del regno di Giuda erano tornati verso il 530 a stabilirsi intorno a Gerusalemme, si erano subito scontrati con... altri ebrei: samaritani del nord, ma probabilmente anche giudei del sud. Che si trattasse di rami dello stesso popolo l'autore di Esdra non vuole dircelo, ma lo suggerisce indirettamente quando riconosce che questi supposti "nemici", in un primo momento, avevano proposto a Zorobabele e compagnia di costruire assieme il Tempio ("anche noi, come voi, cerchiamo il vostro Dio"), ricevendo uno sdegnoso rifiuto ("Non conviene che costruiamo insieme la casa del nostro Dio; ma noi soltanto la ricostruiremo al Signore Dio d'Israele"). Solo allora erano diventati veramente "nemici", e lo stesso autore del libro di Esdra deve ammettere che la loro ostilità non divenne guerra aperta, ma si espresse in una forma diplomatica: scrissero allo scià avvertendolo che "i Giudei, partiti da te e venuti presso di noi, a Gerusalemme, stanno ricostruendo la città ribelle e malvagia, ne rialzano le mura e ne restaurano le fondamenta. Ora sia noto al re che, se questa città sarà ricostruita e saranno rialzate le sue mura, tributi, imposte e diritti di passaggio non saranno più pagati e i diritti dei re saranno lesi".
Ciro risponde rapidamente confermando la tesi dei "nemici": "Dietro mio ordine si sono fatte ricerche, e si è trovato che questa città fin dai tempi antichi si è sollevata contro i re e in essa sono avvenute rivolte e sedizioni. [...] Date perciò ordine che quegli uomini interrompano i lavori e che quella città non sia ricostruita, fino a nuovo mio ordine". L'ordine arriverà soltanto col successore Dario, almeno sette anni dopo. Nel frattempo, racconta Aggeo, i devoti a JHWH seminavano per raccogliere poco; mangiavano senza sfamarsi; bevevano senza inebriarsi; e custodivano il salario in un sacchetto forato. L'ostilità verso i "nemici" si era trasformata in segregazione: il sacerdote Esdra si stava battendo contro i matrimoni misti. E dire che la felicità era lì nei pressi, a un passo dalla realizzazione: sarebbe bastato completare quel tempio...
Al Jazeera |
Il Secondo Tempio sarebbe stato effettivamente inaugurato intorno al 515: è quello che Gesù avrebbe frequentato, e di cui avrebbe predetto la distruzione poi arrecata dai Romani nel 70 dC. Ne rimane in piedi il muro occidentale, detto anche muro del pianto. Progetti per ricostruirlo ne sono stati fatti diversi: ultimamente c'è meno pudore al riguardo, molti steccati che sembravano invalicabili sono ceduti di schianto. C'è persino chi si è già procurato i vitelli per il sacrificio di purificazione, dono di un allevatore evangelico texano, e questo malgrado gli ebrei non sacrifichino più animali da millenni; ma ultimamente c'è sempre più gente che legge quel Libro, è sempre più difficile evitare che qualcuno lo prenda alla lettera. L'ostacolo principale, fino a qualche mese fa, era notoriamente la presenza in sito di un altro tempio, eretto da dei "nemici" che hanno un altro Dio e non si sa bene da dove vengano, i cosiddetti palestinesi. In realtà si sa benissimo: vengono da lì, non si sono mai spostati, secondo gli studi genetici sono semiti tanto quanto gli israeliani, ma è un discorso antipatico a cui alludo per completezza; onestamente mi sento a disagio quando per stabilire chi ha più diritto a un tempio (o a una terra) si comincia a frugare nel DNA. Diciamo che vengono dalla stessa famiglia, ma mentre i cugini si sono sparsi nel mondo mantenendo la religione tradizionale (pur senza rinunciare a innovazioni e deviazioni), i palestinesi sono rimasti in sito e si sono via e via mescolati con chi arrivava, accettandone usi, costumi e religioni. L'idea di condividere un tempio, già respinta ai tempi di Esdra, oggi non è nemmeno formulabile.
Così eccoci qui, a contemplare sconsolati i nostri sacchetti forati. Aggeo, questo piccolo e poco conosciuto profeta, oggi sembra il più attuale. Immagino che capiti a tutti quelli che riescono a farsi pubblicare per 2500 anni; prima o poi una profezia si avvera. E allora coraggio. Ciro ormai è tramontato, Dario arriverà a gennaio e ci darà tutti i permessi che servono. La felicità è appena oltre quel muro: dopodiché andrà tutto bene, mangeremo e ci sazieremo, berremo e ci inebrieremo, scorreranno il latte e il miele e fiorirà il deserto. L'argento è mio e mio è l'oro, dice il Signore degli eserciti.
Ottima narrazione storica ✨
RispondiEliminaBellissimo post, grazie. Sarebbe interessante capire se l'attributo caratterizzante dei popoli ebraici sia la ferma volontà di non integrarsi con le popolazioni vicine, neanche tra le stesse diverse denominazioni ebraiche, con tutto ciò che ne consegue.
RispondiEliminanon è una cosa che si possa capire, il passato ci offre al massimo delle suggestioni che spesso sono superfici specchianti, ci dicono più cose su di noi che sui popoli antichi
Eliminanon condivido questo pessimismo sulla ragione umana , in specifico riguardo la preziosa efficacia dello studio del passato per capire il presente .... il passato non è uno specchio del presente , ma in esso cerchiamo in maniera reale e vera le risorse necessarie per capire il presente.
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