Pollice verso, Hollywood
Allora: secondo Marco Giusti, (L'Espresso) l'assegnazione degli Oscar è la prova che il cinema americano è in grande forma: Premiati gli effetti speciali e il cinema d’avventura. Ma anche pellicole “impegnate” di stampo europeo come “Traffic” e “Erin Brockovich”. Segno che Hollywood si è appropriata di tutto il cinema. Anche di quello che non era nelle sue corde.
Invece per i critici del Manifesto, l'Oscar è l'orchestrina del Titanic, il 2001 è la "fine del cinema USA", come prova il successo senza precedenti delle pellicole non americane anche oltreoceano.
Chissà chi ha ragione… i pezzi del Manifesto mi sembrano più documentati e convincenti. Io non sono un critico, molto cinema l'ho guardato in tv, e il cinema americano è quello che mi è più familiare. Ultimamente ho notato che m'interessa sempre meno. S'avverte sempre più la sensazione che i plot siano studiati a tavolino da una commissione politico-scientifica. Ci dev'essere almeno un personaggio di colore, e non importa se ha un fisico di NBA, dev'essere più posato e ragionevole di un altro personaggio bianco, per evitare lo stereotipo. Il cattivo dev'essere punito, il cattivissimo salvato per il sequel. Ci devono essere tre grandi scene d'azione, una subito (così i ragazzini fanno silenzio in sala), una all'inizio del secondo tempo, una alla fine. Non discuto, penso anzi che sia un modo molto razionale di organizzare la sceneggiatura, ma quando inizi ad accorgertene ormai sei fuori gioco. Dopo venti minuti di Sesto senso sai già come va a finire, cosa resta?
Poi ci sono le cazzate belle e buone. Il gladiatore, per esempio, può vincere tutti gli Oscar che vuole, e Giusti può trovare Crowe "fantastico", ma resta una cazzata, di quelle che ogni tanto ti fanno dubitare di tutta la categoria dei critici, dei cinefili e dei lobbisti dell'Academy Awards (che avranno avuto le buone ragioni, ma nessuno si è alzato a dire che il re è nudo, che Ridley Scott si è bevuto il cervello, o forse è stato sostituito da un automa, come pare sia successo ad Harrison Ford in Blade Runner?).
I critici. Gente che non farebbe male a una mosca... ma una volta oltrepassata la soglia di velluto della sala, si trasformano in belve assetate di sangue. Picchia qua, taglia là, sangue a fiotti, che gran cinematografia.
Facesse almeno venire i brividi. Ma puoi portarci un bambino e vederlo sbadigliare. A un certo punto, prima di entrare nell'arena, un gladiatore si piscia addosso. Ecco, è l'unica scena in cui mi sono sentito un po' in pena. Per il resto, chi se ne frega di tutte quelle comparse mascherate a cui salta via la testa con tanta facilità. La trama, poi, è una sfida (persa) al senso del ridicolo. L'imperatore che si fa ammazzare al colosseo. Ma neanche in un cartone animato giapponese.
Sempre Il manifesto ci ricorda che a Hollywood siamo alla vigilia di un clamoroso sciopero, che dagli autori potrebbe contagiarsi agli attori. V'immaginate un anno senza cinema americano? Si starebbe davvero così male? Chi lo sa. Forse ci accorgeremmo che a vedere questi film ci andiamo più per inerzia che per altro, che alla fine delle nomination e delle sfide per gli oscar non ce ne frega niente. Come dei gladiatori di Scott. Hai un bel da vestirli alla moda, di scannarli con violenza ed eleganza. Non ci fanno neanche compassione. Sei un vecchio guerriero suonato, Hollywood. Pollice verso.
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