Novità? No:
– Sto un po’ meglio.
– Il ritaglio di Cragno sul Passamontagna in passerella è tratto da l'Espresso, la rivista che io leggo dal dentista (e sfogliandola invoco il trapano: perché tarda a piallarmi il molare?)
– Sabato al Florida c’era una festa curda: varcata la soglia, sono stato identificato in cinque secondi. I curdi non dimenticano. Questo mi spaventa un po’, ma il cibo non è male.
– Apocalypse now è l’oggetto di un ennesimo delirio divagante a sfondo cinematografico che uscirà su polaroid in settimana. Leggete Polaroid! è l’unica prova tangibile della superiorità dell’Occidente.
– Io, se fossi un dipendente di d’Amato (quello che “è più facile divorziare che licenziare”) a questo punto gli chiederei gli alimenti.
– “Va bene, tu dici che i No Global non esistono, però dovrai ammettere che qualcosa esiste, e in qualche modo dobbiamo pur chiamarla”.
“Ecco, te la sei voluta: hai colpito in pieno il Quinto motivo per non dire No Global".
Non è vero che “esiste qualcosa”, un Movimento o altro. Esistono tante cose, e quasi tutte hanno un nome.
Esiste Attac (prima… in ordine alfabetico, naturalmente). Esistono i Disobbedienti. Esiste la Rete di Lilliput. Esistono i Forum Sociali. Esistono i sindacati e i Cobas. Esiste Pax Christi. Esiste l’Acli ed esiste l’Arci, quella vecchia zia che tutti snobbano finché non c’è bisogno di un furgone con le casse o una corriera (e allora improvvisamente tutti abbassano le creste e le ginocchia: “Per favore, zia Arci… quella corriera dell’altra volta, non è che ce la potresti…”).
Esiste il mondo dell’associazionismo e del volontariato, e sono mondi straordinariamente compositi (e discretamente litigiosi). Esiste il Commercio Etico e la Finanza Etica, con tante cooperative che già fan fatica ad andar d’accordo con loro, figurarsi con gli altri.
Esistono i migranti, e sono parecchi, e sono seri, perché sanno che per loro in gioco c’è qualcosa di più di un pomeriggio vissuto pericolosamente.
Esistono i partiti. Perché, non dovrebbero esistere pure loro? Sono un po’ disorientati, decisamente appannati, coprono gli strappi con bandiere e palloncini, ma esistono: non è che cerchino di strumentalizzare, semplicemente esistono, e fanno politica coi mezzi che hanno. Forse sono gli unici a pensare questo banale pensiero: che prima o poi, dopo chissà quanti autunni, inverni, primavere calde… bisognerà anche andare a votare.
Ed esistono anche i terribili anarcoinsurrezionalisti e i blecbloc, perché negarlo? Esistono anche loro.
Tutti questi soggetti esistono: hanno nomi diversi e storie diverse, e non vanno d’accordo quasi su niente. Era ridicolo chiamarli tutti “comunisti”, è altrettanto ridicolo chiamarli ora “noglobbal”. Quando si sono incontrati non si sono capiti e nemmeno riconosciuti.
Questo è successo, per esempio, venerdì 20 luglio a Genova: le piazze tematiche. Un compromesso logistico infelice, che ha portato a negare il primo comandamento di qualsiasi manifestazione (pacifica e no): stiamo tutti uniti, e non ci faranno niente.
Quel giorno eravamo tutti divisi, e si è visto com’è andata.
Poi però c’è stato sabato 21: una cosa radicalmente diversa (questo mi fa incazzare, dei “registi italiani a Genova”: che non l’abbiano capito e abbiano mischiato assieme le immagini). Quel mare di gente arrivata coi pullman dell’Arci e del sindacato (ma senza la tessera dell’arci o del sindacato).
Quella gente non aveva bandiere. Non era lì per sventolarle. Era lì perché aveva visto e sentito quello che era successo il giorno prima. Aveva guardato la tv, letto i giornali e Internet. Aveva sentito che Ciampi chiedeva di fermarsi e D’Alema supplicava di non andare, di "fermare le violenze".
Ed era partita lo stesso. Perché aveva capito qual era la cosa giusta da fare. Che era in gioco la stessa democrazia, il diritto di manifestare liberamente. E che valeva la pena, per questo, di prendersi dei rischi.
Quella gente è il vero soggetto interessante. Non so per che partito voti, se faccia volontariato, se sia iscritta a un sindacato, che quotidiano legga. Mi piace pensare che voti un po’ per tutti i partiti, che legga un po’ tutti i giornali, e che faccia nel tempo libero un po’ volontariato e un po’ i comodi suoi.
Però esiste, ed è l’unica cosa positiva in tutto questo.
L’abbiamo rivista alla marcia della Pace e, in parte, a Roma il 10 Novembre. In entrambe le occasioni non una vetrina è stata infranta… è proprio il caso di ribadirlo? Evidentemente sì.
Quella gente esiste. E forse, tra una manifestazione, una guerra, un decreto-legge, una petizione, un’iniziativa, troverà anche il tempo per conoscersi e parlarsi.
E scoprire che magari anche lei non è d’accordo su tante cose.
E poi, con calma (quella che è mancata in questi mesi), si troverà il modo di mettere insieme un vero movimento, coi sindacati al loro posto, gli studenti nelle scuole, gli operai nelle fabbriche, i blecbloc fuori dalle palle, e l’arci nolleggerà i pullman.
E magari decideremo anche di votare lo stesso partito. Perché no? Che altro dovremmo fare? La politica dovrebbe servire a questo.
Quando sarà quel momento (ma ci vorranno molti inverni, primavere estati e autunni freddi e caldi), allora potranno anche darci un nome. Spero non sarà “No Global”. Ma a quel punto in realtà mi andrebbe bene qualsiasi cosa.
Questo sarebbe già un motivo sufficiente. Eppure no, nemmeno questo è il motivo migliore per non dire No Global.
(Mi dispiace di abusare della vostra pazienza in questo modo, ma tant’è. Però il prossimo è quello buono, giuro).
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