Democratici del mondo, vi dispiacerebbe venire a Riva?
Per capire che nel WTO c’è qualcosa che non va, per chiederne la riforma, o l’abolizione, o la sostituzione con qualcosa di più sensato, non occorre essere economisti, e nemmeno noglobbal militanti. Un’ideologia in tasca può esser comoda, ma non è necessaria. Basta guardarsi un po’ attorno. Magari leggere i giornali, saltando le incredibili rivelazioni di Igor Marini o il dibattito parlamentare sulla serie B (in pratica, saltando le prime tre-quattro pagine).
Prendiamo il surreale dibattito estivo sui dazi. Umberto Bossi, tra un grugnito e un brandir di clava, si accorge in un lampo di lucidità che le industrie della sua Padania sono sempre meno competitive. Col suo proverbiale acume, realizza in un istante che la colpa è dei cinesi, e che c’è un solo modo per recuperare la grandezza perduta: i dazi. Applausi della claque. E la palla passa a Berlusconi.
E adesso attenzione. Berlusconi non si mette nemmeno a discutere nel merito della questione. La sua risposta è disarmante: l’Italia non può applicare dazi, non perché siano giusti o meno, ma perché il Wto non lo consente. Fine del dibattito. Del resto Berlusconi non è un esperto di economia. Ma – questo è il punto – è il rappresentante legalmente eletto di uno Stato sovrano: uno Stato anche piuttosto popoloso, con un’economia in declino che è ancora tra le più fiorenti del mondo. Berlusconi è presidente del consiglio dei Ministri e leader di una maggioranza parlamentare: può decidere di farci partecipare a una guerra, può coinvolgerci in una crisi diplomatica, può alzarci e abbassarci le tasse o la pensione, modificare (con un piccolo sforzo) la Costituzione: ma non può più prendere effettive decisioni in materia commericale. Queste decisioni non gli competono più. L’Italia aderisce al Wto, e il Wto decide cosa è bene e cosa è male. Il Wto impone, il Wto sanziona. Il Wto è sopra la democrazia.
E allora forse faremmo meglio a chiederci cosa intendiamo per democrazia. Se si tratta di una semplice bandiera da innalzare più in alto di altre bandiere (islam, comunismo), allora va tutto bene. Ma se invece la intendiamo nel suo significato originario, di partecipazione del popolo alle scelte che lo riguardano, allora forse non è necessario essere Casarini per preoccuparsi. Direi anzi che questa preoccupazione è sacrosanta, e che è cosa troppo seria e importante per lasciarla a Casarini – ma è colpa sua se il Parlamento preferisce occuparsi di Igor Marini o del campionato di calcio? (E d’altro canto: nel momento in cui le decisioni in materia commerciale vengono delegate al Wto, cosa resta da fare ai nostri parlamentari, a parte il quotidiano teatrino a uso e consumo dei telespettatori?)
Si tratta di democrazia, qui. Anche se il Wto fosse un organo di saggi straordinariamente competenti in materia economica – il che poi è tutto da dimostrare. Sul Wto gravano gli stessi sospetti che pesano su Banca Mondiale e Fondo Internazionale: questi grandiosi organismi sopranazionali lavorano davvero al bene comune? L’economia mondiale è migliorata grazie a loro? Perché continuano a propugnare un modello di sviluppo – il neoliberismo – che è superato da un punto di vista scientifico? L’agonia dei Paesi africani, la crisi delle economie sudamericane, non hanno insegnato nulla?
In questi mesi i saggi del Wto stanno preparando le bozze di un Accordo sulla liberalizzazione dei servizi che – se andrà in porto – cambierà la vita di tutti noi. Queste bozze non sono divulgate. Le discussioni sono segrete, come si addice agli accordi commerciali. Peccato che sul tavolo della discussione ci sia la qualità della nostra vita.
Nei prossimi anni assisteremo alla liberalizzazione di tutti i servizi (energia, acqua, trasporti, sanità, istruzione, perfino pubblica sicurezza): una liberalizzazione che noi non abbiamo deciso, e che non avremo il potere di arrestare. Potremo, questo sì, lagnarci nei confronti dei nostri rappresentanti politici. I quali stringeranno le spalle e ci spiegheranno, una volta di più, che non possono farci nulla. È il Wto che decide. Non loro. Non noi. Il Wto.
Ah, però almeno lo sappiamo. Così io domani vado a Riva del Garda. E siete tutti invitati.
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