Neanche un’ora sola con me
Alla fine nei Vangeli si trova sempre qualcosa di nuovo. Per esempio, il sonno degli apostoli.
Si sa che quella notte a Getsemani non ci fecero una bella figura. Gesù era nella sua ora più difficile, e quelli ronfavano. Non deve essere stato semplice, col senno del poi, ricordarsi delle parole del Maestro: “Non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?” Così in Matteo (26,40). In Marco, (14,37-38) Gesù si rivolge al solo Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. Tutto vano: gli apostoli hanno gli occhi “appesantiti dal sonno”: si addormenteranno di nuovo, per svegliarsi solo all’arrivo di Giuda con le guardie.
Luca – come in altre occasioni – è più delicato. Gli apostoli dormivano, sì, ma “per la tristezza” (22,45). Sembra l’unico passo in cui Luca usa questa parola, “tristezza”. Non sono teneri, questi futuri santi e pontefici, che si addormentano dalla malinconia? Ma sarà vero che di tristezza ci si possa addormentare? A voi è mai capitato?
Io ho dovuto pensarci un po’, ma in effetti sì, mi è capitato. Mi capita ancora. Luca è un grandissimo scrittore. Si capisce nei dettagli.
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