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venerdì 6 marzo 2020

C'è un romanzo attualissimo che dovremmo studiare in tutte le scuole, l'ha scritto Alessandro Manzoni

Due ragazzi vorrebbero diventare grandi, mettere su famiglia, cominciare un'attività. Ma un boss che già da settimane stalkerava la ragazza è di un altro parere, e manda i suoi picciotti a intimidire le autorità. Costretti a dividersi, i due protagonisti perdono le proprie tracce in un contesto apocalittico: crisi economica, guerra, epidemia. Le autorità sono completamente incompetenti, la popolazione crede a qualsiasi fake news. La ragazza trova rifugio in una comunità chiusa femminile dove però scopre che l'autoreclusione non abolisce i rigidi rapporti di forza della società, anzi li esalta. La sua protettrice, ricattata a causa di un torbido passato, la consegna a un altro boss. Il ragazzo, frustrato, si radicalizza: coinvolto nei moti di piazza viene criminalizzato come un terrorista dal potere costituito, in caccia di capri espiatori. E così via.


Partendo da un piccolo caso di provincia – un banale caso di molestie, un'intimidazione di stampo mafioso  – l'autore allarga il quadro fino a dipingere un'intera società in stato disfunzionale. Le leggi descrivono i reati invece di reprimerli; il governo, ignorando i più elementari concetti di economia conduce la popolazione alla fame e al caos; i ricchi vivono in una bolla, cosplayer di una fiction in costume medievale; la cultura è custodita da eruditi ottusi che disprezzano la scienza; le guerre sono il risultato di farraginosi meccanismi diplomatici che scattano quasi automaticamente, decidendo il destino di milioni di persone. E proprio quando le cose sembrano volgersi al meglio, un'apocalittica epidemia travolge la vita di tutti i personaggi. Il romanzo italiano più attuale che possiate aprire oggi forse è stato scritto nel 1827, quando ancora non era chiaro se in Italia si potessero scrivere libri – e in che lingua andassero scritti.

Quante volte, anche in questi giorni, di fronte ai tweet di qualche sovranista esagitato che cercava di cavalcare la paura del coronavirus per chiedere la chiusura dei porti, ci siamo detti: dagli all'untore. Quante volte di fronte a quel meccanismo giornalistico conosciuto come macchina del fango, non abbiamo pensato alla colonna infame. Un cosiddetto intellettuale si lamenta della crisi del liceo classico, senza nemmeno disporre degli strumenti statistici per stabilire se il classico sia in crisi o no: l'ennesimo Don Ferrante. C'è crisi, qualcuno propone di stampare moneta all'infinito, che problema c'è? come Ferrer coi forni e la farina – salvo che sappiamo già come andrà a finire, appunto: ce l'ha spiegato Alessandro Manzoni. Viene emanata una legge per risolvere un problema che ha già ispirato tante altre leggi rimaste inapplicate: come non pensare allo scrittoio ingombro di carte dell'Azzeccagarbugli, mentre cerca la grida più recente perché quelle fresche di stampa fanno "più para". C'è una manifestazione, qualcuno fa dei danni, qualcun altro rimane impalato davanti alla telecamera del giornalista: domani sarà su tutte le homepage come il leader dei facinorosi, la stessa storia sin dai tempi di Renzo Tramaglino. E a proposito di Renzo, il suo rancore per chiunque abbia avuto il tempo e la facoltà di studiare, non lo vediamo all'opera tutti i giorni sui profili di milioni di laureati all'università della vita? La dinamica con cui le folle deformano ogni informazione, qualcuno l'aveva già descritta così bene prima della notte delle beffe? Per farla breve: se cercate un romanzo italiano che ci descriva meglio di quello scritto da Manzoni duecento anni fa, e ambientato duecento anni prima, non è detto che lo troviate.

Andrebbe letto in tutte le scuole – il problema è che lo facciamo già. E tante volte ci siamo detti che forse proprio questo era il problema coi Promessi sposi: l'obbligo scolastico. Un libro che ci racconta con abbondanza di dettagli un'avventurosa vicenda di soprusi, duelli, malintesi, drammi interiori e quant'altro, in un periodo storico così apparentemente lontano dal nostro, evoca in tutti noi per prima cosa la fornica sciupata dei banchi di scuola. Ogni tanto qualcuno butta lì la provocazione: e se smettessimo di imporlo agli studenti? Magari a quel punto sì, comincerebbero davvero ad apprezzarlo. Qualcuno senz'altro lo leggerebbe di nascosto, mentre il prof spiega Tolstoj o la Ferrante.



Purtroppo niente lascia pensare che le cose andrebbero così... (continua su TheVision)
Le classifiche dei libri ci dicono l'esatto contrario: gli unici classici della letteratura italiana a salire ciclicamente le classifiche sono i testi che vengono assegnati dagli insegnanti come letture estive in giugno, o imposti nel pacchetto dei libri di testo a settembre. Il Fu Mattia Pascal, La Storia di Elsa Morante, i Malavoglia di Verga e così via. Tutti testi interessanti e ancora attuali, ma se la scuola non li riproponesse, nel medio termine rimarrebbero materia per gli specialisti. La stessa cosa succederebbe per i Promessi sposi, che tra questi è anche uno dei meno facili da leggere. La prosa di Manzoni è quanto di più diverso si possa immaginare da quella svelta e spesso cinematografica che siamo abituati a trovare nei best seller di oggi, anche quelli con pretese letterarie: è tornita, abbondante, si dipana come la lezione di un professore di Storia a cui nessuno abbia imposto limiti di tempo. È uno stile quasi miracoloso per gli anni in cui Manzoni lo produsse, e che per molto tempo fu uno standard ineguagliato, ma oggi ha bisogno del filtro scolastico per essere apprezzato: molti testi postmoderni che fondano il proprio successo di nicchia sul fatto di essere quasi impossibili da leggere (penso a Infinite Jest, o L'arcobaleno della gravità) sono per certi versi più facili da leggere con comodo in poltrona o persino sotto l'ombrellone. Un altro aspetto che ci aliena ineluttabilmente da Manzoni è proprio quello che più contribuì a renderlo una lettura obbligatoria per così tanto tempo: il cattolicesimo. Perché per quanto sia tragico e decadente il mondo descritto da Manzoni, non può che urtare la nostra sensibilità postmoderna il fatto che ci abbia messo la soluzione davanti al naso: la Provvidenza. Ovviamente le cose sono molto più complesse di così, e anche il cattolicesimo di Manzoni, a conoscerlo, è un sentimento religioso molto sui generis: in un Paese dove tutti nascono cattolici e smettono di crederci dopo aver preso i sacramenti, Manzoni fece il percorso contrario, convertendosi in età adulta, e rimanendo molto vicino a una corrente abbastanza esotica per la sensibilità italiana, il giansenismo. La fede di Manzoni non gli impedisce di muovere critiche severe al clero, anzi: due dei personaggi meglio definiti dall'autore, con precisione spietata, sono com'è noto due figure di religiosi: Don Abbondio e Gertrude. Per quanto si avvicini a loro, per quanto li descriva nei moti più reconditi, Manzoni non sospende mai un fermo giudizio morale nei loro confronti: per quanto non smetta di riconoscere e di descrivere come il loro carattere e le loro mancanze siano il risultato delle pressioni sociali subite sino dalla nascita, Manzoni non smette di affermare che a queste pressioni, in qualsiasi momento, il timido prete e la monaca reclusa avrebbero potuto e dovuto dire di no. Non esattamente il cattolicesimo bonario delle nostre sacrestie, come si vede: da integralista del libero arbitrio Manzoni non può perdonare Gertrude: è "sventurata", è vero, ma nessuno la obbligava a rispondere. Mentre in Italia è passato molto spesso per cattolicesimo un dispositivo morale che ci allontana dalle nostre responsabilità individuali, Manzoni non ha pudore a rimettercele costantemente davanti agli occhi, con quell'insistenza che passa per paternalismo (e in un certo senso lo è davvero): siamo noi che scriviamo troppe leggi invece di preoccuparci e farle rispettare, siamo noi che di fronte a una minaccia più o meno vaga ci inchiniamo come davanti don Abbondio davanti ai bravi "troppo giusti, troppo ragionevoli". Siamo noi che malgrado ogni tentativo di contenerci, di fronte alle provocazioni di un interlocutore nemmeno troppo astuto cominciamo a vedere rosso e ci facciamo possedere dall'ira, come fra Cristoforo davanti a don Rodrigo. Siamo noi che di fronte a una difficoltà, invece di lottare per ciò che abbiamo di più caro, decidiamo di rinunciarci come se Dio ce lo chiedesse, come Lucia nella sua notte più terribile. Siamo noi i personaggi dei Promessi Sposi, e questo ci fa arrabbiare: tutti gli altri popoli europei vivono in romanzi più recenti. Noi forse no: uno scrittore pietoso e spietato insieme come Manzoni forse non lo abbiamo trovato e a questo punto magari è troppo tardi.

12 commenti:

  1. Forse basterebbe studiarlo meno intensamente. Mi ricordo che al liceo abbiamo dedicato, per un intero anno, un'ora alla settimana ai Promessi Sposi, e abbiamo fatto innumerevoli temi sulla notte delle beffe, e l'Addio Monti, e la madre di Cecilia. Potremmo provare a trattarlo come un romanzo normale, da leggere a casa senza troppi patemi, senza stare a sviscerare cos'è che intendeva dire esattamente Agnese in una certa riga, e facendo fare solo un compito in classe alla fine per essere sicuri che gli studenti l'abbiano letto (o che almeno si siano procurati un buon riassunto); magari lascerebbe un ricordo migliore. Ovviamente gli studenti salteranno o leggeranno distrattamente alcuni dei passaggi più noiosi, ma non dovrebbe essere una tragedia, io l'ho fatto con romanzi che mi sono comunque piaciuti e mi hanno segnato.

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    1. Ho ancora i brividi per il capitolo dove è descritta la madre di Cecilia

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  2. Che palla di libro...letto qualche anno fa ricordo solo discorsi bachetttoni, noia mortale e mai una pagina epica da farti saltare sulla sedia.
    Se devo buttare via 2 mesi di durata dei viaggi andata e ritorno casa ufficio sul treno per leggermi 700 pagine ...ma vaffa mi rileggo fratelli karamazov o maestro e margherita10000 volte

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  3. Se mai ritornerò a leggere I promessi sposi sarà merito tuo, in questi giorni ho pensato più spesso a Cecità di Saramago (apparentemente anche lui deve quslcosa a Manzoni)

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  4. In Italia ciò che è indicibile e podromico ad una rivoluzione copernicana,viene spiattellato in faccia al cittadino in modo totale e inequivocabile.
    Il Manzoni e 150 anni dopo Sordi, sono il continuo motore che ci avvita le coscienze.
    Siamo comunque dei vigliacchetti che,scoperta l'acqua calda,ci incazziamo sul bersaglio decaduto caricandolo di ogni infamia di una vita da poveracci.
    L'italiano descritto da Goethe è lo stesso che oggi ci ritroviamo grassoccio,untuoso e schiavo dell'inutilitá assorta a "robba" detenuta senza conoscerne il valore(o più delle volte,il disvalore).
    Prendiamo l'alta moda che è un nostro vanto,il made in Italy di cui ci vantiamo e che,nell'inconscio nazionale ci fa pensare di essere il Paese dell'eleganza.
    Chi sono i nomi più in auge?
    Dolce&Gabbana,Gucci e Versace che paiono rivolgersi ad un pubblico di nicchia,gangsta o mignottocentrico ed invece è l'ideale condiviso della gran massa!
    Se veramente fossimo un popolo senza l'anello al naso autoimpostoci,i Promessi sposi sarebbero ritenuti merce da maneggiare con cura e i film di Sordi nn sarebbero nemmeno stati girati.
    Invece i Promessi sposi sono ritenuti amorfi e i film di Sordi divertenti.
    E Dolce&Gabbana sono tra i nostri stilisti più in voga.

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    1. sempre io, l'anonimo denigratore di prima:
      sai che non si e' capito un razzo? sicuramente ho l'anello al naso (che adesso che ci penso nel 2020 e' forse pure un'immagine un po razzista) comunque non ho capito proprio nulla di quello che volevi dire.

      sara' che avevo delle aspettative altissime ma confermo che e' stata una delusione grandissima...poi oh...vero anche che non siamo famosi nel mondo come romanzieri...quindi forse dobbiamo anche accontentarci di quello che passa il convento!!!

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    2. Scusa,ma se nn hai capito un razzo,potevi astenerti e vivere la tua vita. O no?

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    3. sempre io,l'anonimo denigratore di prima:
      beh no, perche'? ho letto questo post e l'ho commentato, vuol dire che mi interessa. Mi interessano gli altri commenti...sto seguendo questo tread. hai scritto la tua a riguardo e non ci ho capito nulla e te l'ho scritto.

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    4. L'importante è che fare le recensioni ti crei la soddisfazione sufficiente per nn compiere altri atti più esacrabili.
      Se ti sono servito come valvola di sfogo,ben venga...ma nn farci l'abitudine.

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    5. comunque non ho capito dove volevi parare con il tuo primo commento ...se nonti crea troppo trauma lo traduci in italiano potabile?

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    6. No,va bene cosi.
      Ed essendo stato scritto da me,mette fine alla surreale costanza da te espletata nei miei confronti.
      Così è deciso!🐐

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  5. Sempre l'anonimo

    Come fossero antani kopernicamente parlando ...ma se commenti scappellando a destra chi se ne accorge...tanto se tapiochi prodonomicamente con la denaturata chi si accorge che suppecazzoli a sinistra...e stigazzi!!!! L'importante è apparire isdruidi... magari è proprio grazie ai promessi sposi che gli italiani non leggono libri...Se quello è il non plus ultra dei top of the tops....Sai che pizza di hobby è passare 2 mesi a frantumarsi i maroni su un tomo tanto? Sempre kopernicanamente parlando

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