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giovedì 19 luglio 2001

Appunti da Genova - 6

"No, guarda, mi dispiace, da qui non si può passare".
"O, ma vaff... cos'è, la zona rossa?"
No, è il concerto di Manu Chao.

Martedì mi avevano chiesto di fare il volontario al concerto. E io: ma mi avete guardato bene? Vi sembro il tipo che fa la sicurezza al concerto? Chiunque sopra il metro e 65 mi può pisciare in testa...
"Dai, per favore, abbiamo veramente bisogno."

Alla fine ci siamo trovati in quattro (più o meno tutti m. 1,65) nell'angolo più lontano, tra le transenne e il mare, con l'ordine di non far passare di lì. Perché, scusa, ma il concerto non è gratis? Non proprio, è a sottoscrizione. Insomma, paga chi vuole. Però - ci fanno capire - più gente paga meglio è. Ma soprattutto bisogna tenere lo spazio sgombro per l'ambulanza, dovesse mai servire.

Ed eccoci qui: c'è una riga, una transenna, noi siamo da una parte, la gente dall'altra, e non li dobbiamo far passare. C'è di che riflettere.

"Please! You should not come in here!"
"?"
"On peut pas entrer par ici!"
"?"
"Warnung! H'raus!"

La febbre dei confini imperversa. Come da bambini: adesso faccio una riga e se provi a passare ti picchio. Cinquecento metri più lontano, dalla parte della Fiera (dove da due giorni stazionano le camionette della polizia), una gru sta costruendo un muraglione coi container. Li mette uno sopra l'altro come fossero mattoncini di Lego. Chissà poi perché. La polizia sta lì per guardarci, no? Se ci mettono un muro, cosa gli resta da guardare?
Possibile che abbiano paura di noi? Ma ci hanno guardato bene in faccia?

"No, scusa, qui non si può, è per l'ambulanza. Dovresti passare dal centro".
"Ma c'è una fila così... io poi non ho un soldo".
"Se non hai un soldo non paghi, ma non si può passare di qui".

Col passare delle ore cominci a diventare convincente. Il piccolo sceriffo che è in ognuno di noi prende il sopravvento.
Là in fondo intanto si divertono. Prima i Meganoidi, poi i 99 Posse. Poi Agnoletto, un piccolo uomo che s'improvvisa oratore da piazza (con buoni risultati). Quando comincia Manu Chao pensiamo di averne per un'ora o poco più. E invece resta per più del doppio, e ci rovescia addosso qualcosa come una quarantina di canzoni, senza soluzione di continuità, senza pietà. Cambia i testi, cambia le musiche, è inesauribile. In scaletta manca soltanto il successo del momento, il tormentone di mtv che anche il mio vicino sa a memoria.

"Mi fai passare?"
"Sarebbe meglio di no".
"Ma dai, ormai è finito il concerto".
"Non è per questo, è che qui deve restare libero per l'ambulanza, sai... "

Finisce prima delle due. La gente è felice, ma esausta, non chiede neanche il bis. Ho rinunciato a capire quanti siamo: il piazzale era pieno a metà, ma bello fitto, quasi impenetrabile. E tutto sommato è sorprendente che non ci stati disordini, neanche un provocatore, nessun rompipalle. Il più nervoso che ho visto era un volontario alle transenne un po' stanco, totalmente in preda al piccolo sceriffo che è in ciascuno di noi.

Io sono contento, anche se forse il mio lavoro è stato inutile. Anzi, proprio per quello. Non è passata nessuna ambulanza.
"O! Mi fai passare?"
"Guarda che è finita".
"Vabe', vado sugli scogli".
"Solo non farti male".
"Tranquillo"

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