Fine di un altro grande Irrigatore
Noi tutti non vediamo l’ora – oltre che di aver sconfitto il Terrorismo – di dialogare con l’Islam moderato. E cioè? Di cosa parliamo quando parliamo di Islam moderato?
Senza dubbio non parliamo di democrazia in senso stretto, insomma, di elezioni. Non ora, non qui. Su questo a destra come a sinistra siamo d’accordo: le masse islamiche non sono pronte per la democrazia, se chiamate alle urne reagiscono in maniera tutt’altro che moderata. Esempi? L’Iran rivoluzionario, l’Algeria degli anni Novanta. Di elezioni come quelle, l’Occidente avrebbe fatto volentieri a meno.
E naturalmente, parliamo di Islam laico, che in fondo è un controsenso (ma a controsensi così, noi laici col crocefisso a scuola siamo talmente assuefatti da non rendercene conto). Le gerarchie religiose ci incutono sospetto – e giustamente, dopo gli esempi di ayatollah e talebani.
Quindi: fuori le elezioni, fuori le scuole coraniche. Cosa resta? Molto spesso resta poco. Di solito l’unica struttura ‘laica’ solida e ramificata in questi paesi è l’esercito. Alla fine, in Algeria, ci siamo trovati a stare dalla parte dei generali. Perfino in un Paese relativamente laico come la Turchia, l’esercito è stato per molto tempo il vero baluardo laico contro il fondamentalismo religioso, e forse lo è tuttora. Naturalmente, dove c’è l’esercito c’è sempre un po’ di nazionalismo, ma quello non guasta mai, vero?
D’altro canto non bastano due stellette da generale per essere un leader islamico moderato. Dovrai dimostrare anche senso pratico, costruire infrastrutture per il tuo Paese, essere leale con i tuoi alleati e combattere, se è il caso, anche per il loro interesse. Dopodiché, che importa se proprio non sei democratico. Sarai giudicato per il bene che hai fatto al tuo Paese.
Ricapitolando: quando parliamo di Islam moderato, pensiamo a un regime un po’ laico, un po’ nazionalista, un po’ militarista, con un leader che si dà da fare per costruire infrastrutture e combatte anche per il nostro interesse. Detto così, è l’identikit politico di Saddam Hussein, il tizio che hanno arrestato ieri in una buca.
Forse non mi sono spiegato bene; allora riprovo copiando la pagina di un libro che a me è piaciuto molto, La famiglia Winshaw (What a carve up!), pubblicato da Jonathan Coe nel 1994 (Feltrinelli 1996). Il protagonista sta facendo una ricerca sull’editorialista Hilary Winshaw – uno dei personaggi più antipatici della Storia della letteratura. A un certo punto ne mette due di fianco, scritti a quattro anni di distanza. In mezzo c’era stata la prima guerra in Iraq. Ma funziona abbastanza bene anche dopo la seconda.
Oggi è arrivato sulla mia scrivania il bollettino di un gruppo che si fa chiamare Sostenitori della democrazia in Iraq, abbreviato in Sdi. Dunque Saddam lasciatelo perdere. Io dico che è un uomo con cui possiamo stabilire rapporti d’affari. | Non capita spesso che un programma televisivo mi faccia dar di stomaco, eppure quello di ieri sera è stato un’eccezione. Preghiamo che il presidente Bush e la signora Thatcher lo capiscano. E preghiamo anche che il coraggioso, indomito ragazzino che ieri sera abbiamo visto sugli schermi televisivi viva abbastanza per dimenticare il suo incontro con il malvagio macellaio di Baghdad. |
Che altro dire, a parte che Saddam, d’accordo, avrà irrigato, avrà drenato: ma volete mettere con l’Agro Pontino?
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