Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi. Noi no. Donate all'UNRWA.

martedì 6 aprile 2004

In difesa di Caifa

Caifa è il Sommo Sacerdote che proprio in questi giorni (più o meno 1960 anni fa) si adoperava per incriminare, arrestare e – benché le leggi vigenti non glielo concedessero – fare uccidere Gesù di Nazareth, sedicente Messia. Da allora non gode di buona stampa. La storia, si sa, la scrivono i vincitori. In questo caso, gli evangelisti: quattro cronisti senza fronzoli, ma indubbiamente di parte.

A sentir loro, non c’è nessun dubbio che i mandanti del martirio di Gesù siano stati i Sommi Sacerdoti, e che tra questi Caifa abbia detto la parola risolutiva. Sono loro a pagare il traditore, Giuda. Sono loro a cercare testimonianze, anche false (Mt 26,59), per poterlo giustiziare. Sono loro a insistere con Ponzio Pilato, che “non trova in lui nessuna colpa” (Lc 23,13); sono loro a sobillare la folla perché chieda la liberazione di Barabba (Mt 27,20). I Romani, dal canto loro, forniscono i supplizi: frustate, corone di spine, chiodi e croci, quanto di meglio la tecnologia occidentale offrisse in quel momento (gli indigeni erano ancora alla lapidazione). Per l’occasione i Sommi Sacerdoti si limitano a sbeffeggiare il condannato (Mc 15,31).

A differenza degli altri personaggi coinvolti nella morte di Gesù, Caifa e il collega di nome Anna (è un uomo) non hanno tratti che possano renderli, se non simpatici, almeno un po’ umani. Giuda ha una coscienza, dei rimorsi: vorrebbe restituire i trenta denari, poi s’impicca… Ponzio Pilato è molto umano, coi suoi problemi di legalità e di ordine pubblico e le sue umanissime paure (Gv 19,8: chi gli assicura che Gesù non sia davvero una divinità?) Erode – da non confondere col padre infanticida – è un satrapo gaudente, che spera di ottenere da Gesù qualche miracolo, e, deluso, lo rimanda a Pilato con “una splendida veste” (Lc 23,8). Ma di Caifa non conosciamo nessuna debolezza. Nessun ripensamento. È l’accusatore implacabile (per inciso, “Satana” in ebraico significava anche “accusatore”).

Un segno del fatto che lo scontro di civiltà ci ha preso un po’ la mano è che ultimamente ci siamo rimessi a parlare delle responsabilità di Anna e Caifa, del popolo deicida, ecc.. Pare che il film di Gibson ne abbia dato un’immagine ripugnante. Vedremo. Una cosa si può dire da subito: l’accusa di teocidio è una grande vergogna della cristianità. La colpevolezza di Anna e Caifa (e della claque che chiamava Barabba) era da lunga pezza caduta in prescrizione. I loro discendenti non possono essere ritenuti colpevoli, perché ogni generazione ha il diritto di scontare solo i suoi, di peccati: dal Deuteronomio, 24,16: Non si metteranno a morte i padri per una colpa e i figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. Dio, da parte sua, si arroga il diritto di punire i peccati fino alla terza e alla quarta generazione (Esdra 20, 5; Numeri 14,18; Deuteronomio 5, 9). Insomma, fino al bisnipote di Caifa. E poi basta.

In realtà Caifa, per i cristiani, è sempre stato al centro di un paradosso: accusatore di Gesù, ma anche esecutore della volontà di Dio: molto prima che corrompesse Giuda, Gesù aveva già previsto che “avrebbe sofferto molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e sarebbe stato ucciso e risuscitato il terzo giorno” (Mt 16,21). Caifa non fa che eseguire un copione divino. Senza di lui non avremmo il cristianesimo. D’altronde, il cristianesimo è quella religione in cui Gesù è morto per colpa di Caifa. Non se ne esce.

Può sembrare un problema ozioso, ma deve avere tormentato le coscienze delle prime generazioni di seguaci di Gesù, che oltre a essere cristiani erano anche ebrei. Giovanni, l’ultimo evangelista, offre una soluzione molto elegante: non solo Caifa è esecutore del volere divino, ma è persino profeta. Basta leggere le sue parole al Sinedrio quel giorno: era Dio a parlare per lui (Gv 11,47-53):

allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: “Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione”. Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.


È l’unico passo del Vangelo dove Caifa abbia la possibilità di chiarire le sue ragioni. Sono ineccepibili: quell’“uomo” mette in pericolo di vita una nazione intera, è meglio che muoia lui. Niente di personale: Caifa prende parola soltanto perché “era sommo sacerdote in quell’anno”. La finezza di Giovanni sta nel leggere queste parole a due livelli di significato. Al primo livello c’è Caifa, rappresentante degli ebrei, che si prende cura del suo popolo a costo della vita di un singolo uomo. Al secondo c’è un profeta inconsapevole, che annuncia che “un solo uomo” deve morire “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”. Gli ebrei possono fermarsi al primo livello. I cristiani arrivano al secondo – ma sono tenuto a rispettare il primo. Caifa ha fatto quello che il suo ruolo e la sua religione gli imponevano. Lo ha fatto senza esitazioni o tentennamenti. E così facendo (secondo i cristiani) ha eseguito la volontà di Dio.

Questo nel Vangelo di Giovanni. Se poi Mel Gibson e i suoi cultori la pensano diversamente… si può sempre emendare il Vangelo.

3 commenti:

  1. è giusto che il suo sangue ricada su di loro..

    grazie hizballah

    RispondiElimina
  2. Caifa era il rappresentante del popolo ebraico oppresso di fronte all'oppressore roamno, pronto a distruggere città e nazione alminimo pretesto.Era quindi dovere di Caifa far del tutto per evitare una feroce rappresaglia romana in caso di disordini provocati da una predicazione messianica. Non era suo dovere fare il profeta.Giuseppe Flavio ricorda Pilato per crudektà e corruzione e Filone di Alessandria riporta una lettera dove si dice che non vi era arbiutrio che non fosse commesso da Pilato. Ecco di fornte a chi Caifa doveva rappresentare il suo popolo.Poi il piotere di pronunciare e far eseguire condanne a morte per delitti - anche se solo sospettati - contro la stato romano era slada preprogativa di Pilato che, di certo, non si faceva "consigliare" dal rappresentante del popolo soggetto.Caifa è una figura tragica che non può essere giudicato da tutte le anime belle che mai si sono trovate di fronte ad un feroce oppressore.Chi scrive ricorda bene che cosa era stare di fornte alle SS. Chiaro?
    Wolf Murmelstein

    RispondiElimina
  3. La profezia di Caifa si realizzerà all'incontrario. Gesù sarà ucciso e risorgerà, il popolo di Israele nelle due guerre giudaiche ucciso e disperso, il tempio distrutto. Cfr. ebook, di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

    RispondiElimina

Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.

Altri pezzi