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lunedì 7 novembre 2016

Sorridi Brian (e aggrappati all'Ego)


Love and Mercy (Bill Pohlad, 2014).

Immagina di nascere musicista, con un gusto istintivo per le melodie e le armonie. E ricevere da bambino uno schiaffo paterno che ti lascia per sempre un orecchio sordo: un acufene perpetuo dal quale emergono rumori già sentiti, frammenti di cori sognati, discussioni, voci angeliche, voci che ce l'hanno con te, voci che non ti sopportano. Immagina di avere dischi di platino alle pareti e una diagnosi di paranoia schizoide in un cassetto. Immagina di essere Brian Wilson: e ora sorridi, non è meravigliosa la vita?

Brian Wilson è uno dei geni musicali del secolo scorso; Brian Wilson ha passato due anni in un letto a ingrassare. Brian Wilson coi suoi Beach Boys è stato il principale sfidante americano dei Beatles, sconfitto ma di misura e con onore; Brian Wilson è stato succube per anni di uno psichiatra più matto di lui che lo imbottiva di pillole. Brian Wilson ha scritto la canzone preferita di Paul McCartney. Brian Wilson ha licenziato suo padre che lo picchiava da bambino, ma per divergenze artistiche. Brian Wilson convive con le sue allucinzioni uditive dal 1964. Bruce Wilson non è mai andato in surf ma nella sua villa teneva un pianoforte su una buca di sabbia, e componeva a piedi nudi. Brian Wilson voleva scrivere un disco che avrebbe reso tutto il mondo più felice, lo avrebbe chiamato Smile, ma impazzì durante la lavorazione. Un giorno entrò in un cinema per vedere Operazione diabolica, il film era già cominciato e un attore nel buio stava dicendo "si accomodi signor Wilson". Lo choc gli fece smettere di comporre musica e non entrò più in un cinema per vent'anni. Brian Wilson è un film vivente, ma nessuno è ancora riuscito a girarlo. Troppi aneddoti, troppe storie, forse troppa musica tra un'immagine e l'altra.

Love and Mercy è il tentativo più serio fin qui, se non altro per la passione con cui Bill Pohlad si è dedicato all'impresa, tornando dietro la macchina da presa dopo 25 anni (passati a produrre film come Into the Wild, The Tree of Life, 12 anni schiavo). Pohlad è evidentemente innamorato del Brian Wilson giovane compositore, un genio incontrollato che usa lo studio di registrazione come un giocattolo, unendo professionalità e improvvisazione alla ricerca di qualcosa che gli canta dietro al muro del suono che ha in testa (le scene dedicate alla lavorazione di Pet Sounds sono girate con musicisti veri, come nel tentativo di ricreare un miracolo in laboratorio).

Pohlad non vuole strafare... (continua su +eventi!)

Pohlad non vuole strafare: gli interessa sdoppiare il personaggio, ma opta per una soluzione molto più convenzionale di quella adottata da Todd Haynes nel suo biopic su Dylan I'm Not There (benché uno sceneggiatore sia lo stesso). L'idea che Wilson a vent'anni sia Paul Dano e a quaranta John Cusack è declinata nel modo più convenzionale possibile - e almeno ci risparmia uno di quegli invecchiamenti hollywoodiani al digitale. Pohlad ha senz'altro in mente A Beautiful Mind (anche al matematico John Nash fu diagnosticata una schizofrenia paranoide), ma laddove Ron Howard non esitò a trasformare le allucinazioni uditive in visive, contaminando realtà e sogno, Pohlad fa un passo indietro e si concede soltanto qualche lynchiano passettino nel delirio. E alla fine è troppo succube del proprio amore per accorgersi che lo stanno plagiando: il film adotta placidamente la versione dei fatti raccontata dalla seconda moglie di Wilson, Melinda Ledbetter, senza farsi venire nessun dubbio. Il risultato è che il grande antagonista di Melinda, lo psichiatra-guru Eugene Landy, diventa una macchietta, malgrado le settimane trascorse da Paul Giamatti ad ascoltarne le registrazioni per imitarne meglio i tic verbali: non è affatto escluso che Landy fosse davvero così sgradevole, uno di quegli avvoltoi che prosperavano nella California del grande riflusso, volteggiando sul malessere dei ricchi alienati. Ma è uno di quei casi in cui la verità è un ostacolo alla verisomiglianza. Anche le ottime prove di Cusack e Dano congiurano a definire il ritratto di un Brian Wilson eterno bambino, continuamente in cerca di conferme sulla sua genialità, frustrato da un genitore invidioso, da un cugino scettico, da uno psichiatra arraffone, insomma da tutti tranne Melinda. Non è affatto escluso che le cose siano andate così, ma trattandosi della vita di un paranoico, forse un'altra campana era necessaria.

Love and Mercy è al Cinema Lux di Busca giovedì 10 e venerdì 11 novembre alle 21.

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