Riportando tutto a casa, sarà interessante capire cosa succede ai renziani ora che Obama se ne va, e con lui forse si dissolve quel campo di distorsione che li ha portati a immaginare per l'Italia un assetto simil-presidenziale. Ovviamente c'è già in giro chi trae dalla vittoria di Trump auspici per la vittoria del Sì o del No al referendum: ognuno cerca di inquadrarla con le cornici che si trova in casa - due in particolare non le reggo in più, la cornicetta che si chiama "cambiamento" e quella che si chiama "anti-establishment". Non vogliono più dire nulla: quale cambiamento? Quale estabishment?
Io non ho la minima idea di chi vincerà il quattro dicembre, ma penso che la riforma sia brutta, e che fosse ancora più brutta nelle prime stesure, quando ancora il Senato delle Regioni era concepito come l'assurdo Senato Americano: quello in cui tutti gli Stati eleggono lo stesso numero di senatori, compreso il Vermont dove sono bastati 190.000 voti; in California ce ne sono voluti 4.800.000, venticinque volte tanto. Si tratta evidentemente di un sistema iniquo e arcaico, ma è difficile rinunciarvi dopo due secoli di successi; più difficile è capire perché in Italia qualcuno lo volesse introdurre, offrendo a trecentomila molisani la stessa rappresentanza di dieci milioni di lombardi - dopo vent'anni di leghismo! Ci scrissi qualcosa sul sito dell'Unità - pazzesco quel che pubblicava una volta il sito dell'Unità.
Poi magari la Boschi si accorse che qualcosa non andava e cambiò di nuovo la bozza; ma il solo fatto che l'abbiano proposta e divulgata lascia sgomenti - è come l'inglese di Renzi, anzi, molto peggio: da una parte sei contento che Renzi stia migliorando la sua pronunzia e che la Boschi abbia scoperto che in Italia la densità di popolazione varia sensibilmente di regione in regione; dall'altra è un po' imbarazzante veder crescere in diretta questi aspiranti riformatori e statisti: cioè per carità bravini, la stoffa c'è, ma non siamo a un talent show, bisognava arrivare già preparati.
È dal dopoguerra che gli italiani guardano con ammirazione agli USA - i democristiani più di altri. Fino a un certo punto qualsiasi ipotesi di modificare la costituzione in senso americano rimane comunque circoscritta alle fantasie di un Pannella o un Almirante. Quand'è che la passione per le cose di Washington si trasforma in una vera e propria tensione riformatrice che contagia persone altrimenti ragionevoli? Il 2008 mi sembra un ottimo termine a quo. A primavera, la sconfitta del Pd di Veltroni - non fu per la verità una sorpresa, quella volta forse persino i sondaggi ci azzeccarono: ma ci si aspettava senz'altro qualche punto percentuale di più e soprattutto nessuno immaginava la completa sparizione della sinistra. Delusi da un bipartitismo ancora molto imperfetto, diversi elettori italiani del PD si appassionano alla più emozionante campagna elettorale statunitense, quella con Obama prima contro la Cinton e poi in finale contro McCain (con la Palin spalla comica). C'è una vignetta dell'allora sconosciuto Makkox che esprime il lato patetico di quell'entusiasmo. L'ipotesi veltroniana, qui ho cercato di spiegarlo, proponeva una interiorizzazione dell'antiberlusconismo: visto che sconfiggere il Berlusconi reale sembrava per il momento impossibile, occorreva eliminare il berlusconismo dentro di noi. Smettere di nominarlo, smettere di pensarci, purificarsi. Guardare all'estero era l'unica possibilità, e all'estero quella di Obama era l'unica favola a lieto fine. Alcuni non hanno distolto lo sguardo per otto anni, e sì che molti dettagli non tornavano; le tensioni razziali, le stragi a mano armata a cui il POTUS ha assistito indignato e impotente, l'approccio un po' dilettantesco alla crisi in Medio Oriente, lo scandalo della NSA e il trattamento riservato ai whistleblower. Tutto questo non ha impedito a Obama di essere straordinariamente cool fino all'ultimo, e tanto bastava. Veniva bene in tutte le foto, faceva battute divertenti, è stato un presidente fantastico.
Negli stessi anni prende piede in Italia un timido tentativo di riformare l'Italia in senso semipresidenziale - senza avvertire i cittadini, il che è un problema a parte: cioè se almeno lo avessero detto chiaramente, si sarebbe potuta apprezzare la franchezza. Non è a dire il vero il primo e forse nemmeno il più sostanziale: già l'introduzione dell'uninominale del 1993 - e soprattutto l'abitudine di Berlusconi di mettere il suo cognome bene in evidenza sul simbolo - avevano preparato il terreno. Tuttora, chi si lamenta che Renzi non sia stato "eletto dal popolo", ha probabilmente in mente il modo in cui Berlusconi e Prodi sono usciti vincitori dalle elezioni tra '94 e '08: molti elettori avevano la sensazione di votare per l'inquilino di Palazzo Chigi oltre che per il parlamento (avevano torto?) La riforma Renzi e Boschi non fa che proseguire la tendenza: l'idea che la sera delle elezioni si debba conoscere il vincitore è una suggestione quasi hollywoodiana - se socchiudi gli occhi ti sembra di vedere i coriandoli rossi e blu. Renzi si allena a fare i discorsi, tutti lodano il suo Concession Speech alle primarie del 2012, sembra di stare in uno di quei videoclip di Vasco Rossi o Ligabue che giravano negli USA per darsi un tono - non importa dove, bastava un incrocio qualsiasi, il primo parcheggio con un concessionario appena fuori dall'aeroporto.
A un certo punto tutti si mettono a parlare di Accountability, che viene molto imprecisamente tradotto "votami per cinque anni e se faccio un disastro ne discuteremo poi". L'obiezione che l'Italia non è una repubblica presidenziale, che è il parlamento a nominare il capo del governo, a concedergli la fiducia e a potergliela ritirare in qualsiasi momento, viene liquidata con fastidio: roba da vecchi! Vecchi! Guarda invece Obama quanto è cool. Nel frattempo Obama aveva perso da un pezzo la maggioranza del Congresso, e dopo aver faticato a varare una riforma sanitaria, non ha più potuto far nulla per limitare la vendità delle armi da fuoco - solo dei discorsi accoratissimi all'indomani di ogni strage. Fantastici discorsi. Renzi & co. avranno senz'altro preso appunti.
Ieri un'elezione ha regalato a Trump la presidenza (malgrado la Clinton abbia avuto più voti) e un'ampia maggioranza al congresso e al senato. Per molti è stata una doccia freddissima; magari salutare. L'uomo più cool del mondo sta lasciando la Casa Bianca: forse è l'occasione per maturare un minimo distacco critico. Obama non ha rottamato la vecchia America; non ha mai avuto i numeri per farlo; per gran parte del suo doppio mandato è stato poco più che un'anatra zoppa. Adesso la palla passa a Trump, che avrà almeno all'inizio molto più margine d'azione. Certo, dopo quattro anni gli americani giudicheranno. Sono comunque notevoli i disastri che un capo del governo, attorniato da un parlamento plaudente, può fare in quattro anni. L'Italia è una cosa molto diversa, ma appunto: siamo sicuri di voler fare come loro o addirittura peggio di loro? Il fatto che presto o tardi qualche populista pericoloso possa aggiudicarsi il 41% dei suffragi è un buon motivo per regalargli un premio alla Camera, eliminargli il contrappeso del Senato, e aspettare cinque anni per vedere come va? Ammesso che gli americani si possano permettere questo tipo di accountability, noi possiamo?
Questo mi sembra un terzo buon motivo per votare No al referendum.
Gli altri motivi:
1. Non si riscrive la carta costituzionale col martello pneumatico.
2. Non si usa una brutta legge elettorale come moneta di scambio.
3. Non mi piacciono le riforme semipresidenziali.
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Invece io penso che opporsi a una riforma per paura che poi possa vincere un populista sia un'argomentazione un po' debole, oltre che una visione discutibile della democrazia. Tutti hanno il diritto di vincere, di governare per cinque anni ed eventualmente essere riconfermati. Non deve essere un privilegio concesso solo ai "giusti". Anche perché per quanti danni possa combinare Trump negli anni a venire (così come Bush a suo tempo), tra quattro anni potrà essere rimandato a casa. Perché non potremmo adottare anche noi questa logica?
RispondiEliminaOltretutto, non è né matematico né scontato che alle prossime elezioni vincano i succitati populisti.
Un sistema democratico dovrebbe funzionare non nella speranza che partiti pericolosi perdano le elezioni, ma con un sistema di contrappesi proprio nel caso che partiti pericolosi vincano le elezioni. È un po' come il piano antincendio, che è pensato proprio per quando l'incendio scoppia davvero.
EliminaDetto questo, non sono sicurissimo che con la riforma si eiminino tutti i contrappesi; ad esempio, oggi la maggioranza può eleggersi il proprio Presidente della Repubblica (basta attendere il numero giusto di votazioni per andare a maggioranza semplice), mentre con la riforma combinata con l'Italicum, facendo due
conti, ciò non è possibile. Mi sembrava assurdo, ma conteggiando un partito col premio di maggioranza alla Camera + una maggioranza del 51% in Senato, mancano ancora i numeri per
raggiungere la nuova soglia.
Pietro, io sono critico del concetto di accountability (soprattutto nella versione alle vongole, perché negli USA i contrappesi ci sono), invece a te piace. Direi che finisce lì: io potrei continuare a insistere sul fatto che no, non lasci un eventuale matto al comando per 5 anni senza contrappesi e poi decidi come va, e tu insisterai che tutti i matti hanno il diritto, e poi cos'è un matto, chi ci dà il diritto di giudicarlo tale ecc.
EliminaTieni conto che anche negli USA 4 anni ti danno la possibilità di inquinare i pozzi: vedi il gerrymandering e le varie leggi Jim Crow. Cioè a me continuate a sembrare dei folli che sostengono il diritto di farsi fregare da chi si è preso un vantaggio su di voi, ma si tratta naturalmente della mia opinione.
Io continuo a pensare che il modo migliore per impedire ai matti di non andare al comando sia non votarli, e convincere più gente possibile a non fare lo stesso; altri invece credono che la via sia quella di rendere difficilissimo governare a chiunque, sia egli matto oppure no.
EliminaA me sembra una visione incredibilmente autolesionista.
Comunque, a mio modo di vedere, non è vero che la riforma toglierebbe contrappesi: l'aumento del quorum per l'elezione del PdR, l'abbassamento del quorum per i referendum abrogativi che raccolgono più di 800.000 firme, le leggi di iniziativa popolare portate finalmente all'attenzione del Parlamento, nessun aumento dei poteri del presidente del Consiglio o dell'esecutivo in generale... sinceramente non credo che ci sia un vero rischio per la democrazia. Democrazia che non significa tanto "il diritto di farsi fregare da chi si è preso un vantaggio", ma piuttosto il diritto che anche "gli altri" (che non sono per forza brutti, pazzi o in malafede) abbiano la loro occasione. In caso contrario, si rimarrà sempre nel pastone delle coalizioni traballanti, dell'impasse istituzionale, delle maggioranze diverse a seconda della Camera - e del conseguente e progressivo disamore dell'opinione pubblica per la politica.
Quindi per non avere un governo simil-Trump è meglio non avere governi e maggioranze politiche del tutto? L'argomento mi pare simile a quello che ultimamente va per la maggiore: visto che la democrazia sta producendo pessimi risultati aboliamo la democrazia tout court
RispondiEliminaEsistono tantissimi governi di coalizione al mondo: l'improvvisa fiammata d'odio per qualsiasi governo che non sia l'espressione di una minoranza determinata è un fatto relativamente nuovo in Italia. Qui l'ipotesi è che un governo che sia l'espressione di più partiti, di un compromesso tra parti che hanno interessi in comune, sia un punto di partenza migliore. Altrimenti tutto quello che fai in 5 anni te lo smonteranno nei 5 successivi, come l'Obamacare.
EliminaQuesta è un'ipotesi e non è che si debba condividere per forza. Ma l'idea che equivalga a "non avere governi e maggioranze politiche del tutto" è bizzarra e pericolosa: che governo c'è in Germania, che maggioranza? E in generale nei Paesi europei?
Io capisco che l'Italicum rappresenti un problema, lo capisco benissimo. Ma perché perdere l'occasione di fare passare una riforma costituzionale che nel bene o nel male risolve il più grave problema del nostro sistema legislativo? E' vent'anni che in Italia il potere legislativo è esautorato dei suoi poteri: fiducie, larghe intese, decretazione d'urgenza, impossibilità di legiferare su pressoché ogni tema, lunghezza estenuante del processo legislativo. Non se lo ricorda più nessuno tutto questo? Hai mai fatto caso che il nuovo parlamento sarebbe perfettamente compatibile con una proporzionale pura? Perché allora non votare sì alla riforma e fare poi una bella battaglia per un cambio della legge elettorale? Magari con i nuovi sistemi di proposta di iniziativa popolare o di referendum abrogativo...
EliminaLa battaglia è questa.
EliminaI referendum abrogativi vanno sempre a monte coi quorum (già provato). Il "nuovo sistema di proposta di iniziativa popolare" non dà nessuna garanzia in più di quello vecchio: aumenta solo il numero delle firme. Se al parlamento non interessano le tue iniziative, le cassa anche se gli porti un milione di firme.
Il modo migliore per opporsi all'italicum era fare fronte sul referendum costituzionale, e ha funzionato. Ma è colpa di Renzi che lo ha voluto.
(Che in Italia sia impossibile legiferare è smentito direi dai numeri: legiferiamo anche troppo. E quando c'è una solida maggioranza, il processo non è neanche così estenuante. Ma anche concedendo entrambe le cose).
Scusa Leonardo ma tu il semipresidenzialismo in questa riforma costituzionale dove la vedi?
RispondiEliminaIn Settembre ero ferocemente contrario a questa riforma poiché (1) era la riforma di Renzo (2) vedevo troppi poteri all'esecutivo (3) mi sembrava scritta male (4) non c'erano contrappesi. Poi però l'ho letta, confrontandola con la situazione attuale e ho scoperto che i poteri dell'esecutivo restano invariati, vi sono maggiori contrappesi e che i punti sono elencati bene e nel dettaglio, dunque non è nemmeno scritta male. Poi c'era il problema del combinato disposto, ma ho scoperto che il premio FI maggioranza dell'Italicum è assai inferiore di quelli del Porcellum classico e che anche con tale premio, la maggioranza non è in grado di eleggersi da sola il Pres della Repubblica. Un grande punto di debolezza resta una clausola che permetterebbe potenzialmente ad un Senato ostile di paralizzare l'attività parlamentare; tale clausola potrebbe essere sciolta solo da una sentenza interpretativa della Consulta e avvantaggetebbe enormemente i partiti ostruzionistica tipo M5S... ma i grillini non l'hanno notata. Resta poi il fatto che è scritta da Renzo e questo non riesco a digerirli, ma potrei anche tirarmi il naso e votare SI, in fondo Renzo fra 5 anni sarà dimenticato e i grillini non sono in grado di capire il punto dubitoso.
RispondiEliminaCorrettori automatici infami! Non è Renzo, è Renzi.
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