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mercoledì 22 gennaio 2003

Proposta reticente

Sento che già cominciano a romperci con Sanremo, e allora pensavo di proporre alla comunità dei blog (se esiste) una modesta iniziativa.
Tranquilli. Non vi chiedo di firmare una petizione o di iscrivervi a nessuna lista. Non vi chiedo di infilare coccarde o altri aggeggi nel vostro sito personale. Se siete d’accordo, non dovete neanche rispondermi, né dire in giro che l’idea è stata mia. Per la verità, non dovete fare assolutamente niente. Più modesti di così.

Tra qualche tempo (non so neanche quanto) arriverà il festival, puntuale come l’influenza, e a noi tutti sembrerà di non poterlo ignorare. Ci sentiremo costretti a parlarne – male, ma a parlarne. A fare ironia su un cantante o una valletta. A ribadire – come se non fosse già chiaro il concetto – che la tv italiana è tutto uno schifo, e che non ci rappresenta.

E se invece facessimo finta di niente?
Succedono tante cose al mondo. La tv è un fenomeno tra tanti. Non trovate che se ne parli un po’ troppo?
Ci sono tanti media in Italia. Perché la tv dev’essere considerata la più importante?
Perché arriva al maggior numero di persone? Questo è un dato che può cambiare.
Ma non cambierà finché per radio, sui giornali, su Internet, non sentirò che parlare di quel che succede in TV. Inclusi i commenti su Sanremo. Come se la TV fosse il luogo in cui le cose accadono realmente, e gli altri media i luoghi deputati alla discussione.

Sanremo, tra Settanta e Ottanta, era spacciato: uno spettacolo di serie B, tagliato fuori dall’evoluzione della musica italiana. Come ha potuto diventare in breve quello che è oggi, la massima cerimonia della cultura nazionalpopolare?
Proprio in virtù della sua scarsa qualità. Sanremo è l’esempio più clamoroso dell’omologazione verso il basso della cultura televisiva italiana. Invece di diversificare i contenuti, cercando di soddisfare più livelli di pubblico, la tv italiana ha scelto di essere generalista, di trattare i telespettatori come una massa indistinta a cui servire la stessa sbobba.
Un pastone che naturalmente non è mai stato in grado di soddisfarci, ma che riesce ugualmente a catturarci e ipnotizzarci. Come? Semplice: alimentando il nostro senso di superiorità.
La tv italiana è piena di nani e ballerine non perché a tutti gli italiani piacciano nani e ballerine, ma proprio perché nani e ballerine ci fanno sentire più alti e più intelligenti. Ma lo siamo davvero?

Sanremo (come il palinsesto tv italiano) non è brutto per insipienza degli organizzatori: Sanremo è volutamente, necessariamente brutto. È il trionfo della filosofia del “purché se ne parli”. E se invece non ne parlassimo? Se evitassimo l’argomento?
L’ironia, in un caso come questo, non serve. È proprio grazie al nostro senso dell’ironia che la tv italiana è diventata l’”inferno” di cui si parla in giro. Forse avremmo dovuto sdegnarci veramente, spegnere, occuparci d’altro, ma era troppo divertente prendere in giro il buffone di turno. Ci sentivamo tutti dei piccoli Beniamino Placido, dei piccoli Enrico Ghezzi, dei piccoli Aldo Grasso. Mentre ci addormentavamo sul divano, esattamente come la celebre casalinga di Voghera.

Io penso che sia ora di svegliarsi, spegnere la tv, occuparsi d’altro. E ricordare anche ai nostri dirigenti che gli italiani non sono soltanto telespettatori.


Ricapitolando:
In una cittadina della riviera ligure, tra qualche settimana, una quarantina di cantanti più o meno famosi parteciperà a una competizione canora, che negli ultimi anni ha subito una forte sovraesposizione mediatica – del tutto ingiustificata, vista la qualità media delle canzoni.
Noi blog non abbiamo certo la possibilità di spegnere questo clamore mediatico, che si alimenta su sé stesso: ma possiamo almeno dare un piccolo segno, auto-imponendoci di non parlare in nessun modo dell’argomento. Non per censura, ma perché siamo stanchi di essere trascinati a discutere di un evento così poco interessante.

“Ma questo è snobismo, vergogna!”
Precisamente. Questo è sano, schietto snobismo. Un vizio di cui in Italia si sente la mancanza.

Se volete aderire all’iniziativa, non scrivetemi. Non dite niente. Verranno i giorni del festival, e noi reticenti, in silenzio, ci riconosceremo.
E poi, se ci va, senza dirlo in giro, possiamo anche guardarlo, il festival. Non casca mica il mondo.

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