Il quotidiano-tormentone e il marketing velenoso
Continua da ieri e va sul pesante, per cui, siete avvertiti, ok?
...Chissà che fine avrà fatto. Magari oggi legge il Foglio, che funziona più o meno come il Drive In: abolita qualsiasi pretesa didattica nei confronti del lettore, il Foglio pratica la volgarità a oltranza.
E anche in questo caso, non sto parlando di contenuti (sebbene parlare di seghe sia di una volgarità difficilmente superabile), ma del modo in cui i giornalisti del Foglio veicolano i loro messaggi. Si sente, a leggere il Foglio, una gran mancanza delle risate finte alla Benny Hill: in mancanza delle quali le battutine di Ferrara e compagni si rivelano fredde, talvolta gelide.
Per il resto, gli sketch dei comini del Foglio sono un susseguirsi ininterrotto di tormentoni che risparmiano ai lettori quantità considerevoli di energia mentale. Si faccia caso a come si trattano gli avversari politici o giornalistici: ogni bersaglio ha il suo soprannome, il suo tratto distintivo. Siccome Michele Serra fu uno degli autori del programma di Morandi, da diversi mesi sul Foglio Serra è “chi fece mettere in mutande Gianni Morandi in prima serata tv”: se osa lamentarsi di qualcosa, la reazione di un Marcenaro o di un Rocca è lo stesso identico tormentone: “parla quello che ha messo in mutande Morandi" (risate finte). Giorgio Bocca, personaggio di una complessità affascinante, (fascista, partigiano, azionista, garantista negli anni di piombo, leghista nei primi Novanta, ora antiberlusconiano…), per le macchiette del Foglio è, molto semplicemente, un ubriacone antisemita. Per Enzo Biagi si parla, mi pare, di demenza senile (risate finte); a Zucconi non si perdona un errore (veniale) di traduzione da… otto mesi? (risate); i giornalisti di Repubblica in generale sono tutti disonesti perché una volta Lupis si è inventato un reportage (“del resto, si sa, è il giornale di Lupis”; risate). Colombo, Tabucchi… ognuno si merita la sua brava risatina.
E i blog?
I blog sono una seccatura perché nessuno li conosce, e quindi non si può estrarne nessun dato biografico su cui costruire un tormentone. Niente cognome, niente biografia, niente ritornello. Un bel guaio.
Ma la soluzione, come s’è visto, è molto semplice ed economica: i bloggatori sono tutti “segaioli” (Soncini), “pipparoli” (Rocca). Risate. Non ridi? Te la prendi? È perché ti rode. Vorresti anche tu essere così ‘ironico’, ma come si fa a essere più ‘ironici’ di così? Anche l’oltranza ha un limite. Mentre se rimani appena un filo meno volg… meno ‘ironico’, eccoti trasformato in un bacchettone, segaiolo comunque. Vedete, è un espediente molto volgare, ma non lascia scampo.
Del resto, si sa, è gente che lo fa per mestiere. Non solo: è gente che sa fare il suo mestiere, così come lo sapeva fare (e lo fa) Antonio Ricci.
Diverso è il discorso per i lettori. Sono loro che spaventano.
Esattamente come mi spaventava il compagno di banco ipnotizzato, coatto a ripetere ritornelli di cui magari ignorava il doppio senso, così mi spaventa il frequentatore di Rolli che continua a ripetere, inebetito, “Morandi, mutande, seghe”; “Giorgio Bocca, vino”, eccetera. Non c’è niente di male a comporre ritornelli di mestiere: ma a vivere dei ritornelli altrui, a trasformarli in mantra, secondo me sì, c’è male, è un segno di nevrosi bella e buona. E mi chiedo: perché? Perché c’è gente che ha bisogno di ripetere, quasi quotidianamente, che Repubblica è giornale brutto e Foglio è giornale intelligente? Perché c’è gente che, dopo mesi spesi a fare propaganda gratis al Foglio, si sente dare pubblicamente della segaiola da una redattrice, e commossa ringrazia per l’ironia e per l’intelligenza?
Perché? Non lo so, e forse non sono fatti miei. Forse mi fido troppo di quel perturbante di Freud, che sulla sessualità continua avere idee molto più aperte delle nostre. Per lui tra pulsioni sessuali e pulsioni di morte c’è una bella differenza. E la coazione a ripetere è tipica soltanto di quest’ultima. Le persone affette da fissazioni, costrette a ricorrere a mantra per guadagnare una parvenza di serenità, sono in qualche modo abitati da una pulsione demoniaca e autodistruttiva. Altro che seghe (che fanno bene alla prostata, pare): qui stiamo parlando di nevrosi, di morte, di quel sapore amaro che ci lasciava il Drive In alla sigla finale, quando gli spettatori fuggivano nella nebbia e invano D’Angelo li supplicava di restare.
Fuggire, invece, bisogna. Evadere dai ritornelli, dagli stereotipi, dalle idee ricevute dall’alto. Non m’interessa che idee abbiate, se siate di sinistra o di destra o di che; il problema non sono i contenuti: il problema sono i ritornelli. Il Foglio sarebbe profondamente volgare anche se fosse di sinistra (e per qualcuno magari lo è: tanto peggio per la sinistra).
Questo, nella mia modesta opinione, è il modo in cui il Foglio propone “temi, personaggi, modi espressivi”: alla stessa maniera in cui li proponeva Ricci al Drive In. Cambia il target: (il famoso “network sociale e politico”), ma la formula non cambia: i personaggi di questo network (politici, giornalisti) diventano immediatamente macchiette comiche. E anche noi, se ci capita di essere occasionale oggetto di dibattito, lo diventiamo.
E allora perché continuare a parlarne? Ma proprio per il motivo che ha detto Squonk: Viral marketing. Che funziona anche in senso negativo, anzi, secondo me funziona meglio. Prendete il cinema: non so voi, ma io mi fido molto di più di un amico a cui non è piaciuto un film che di uno che si sdilinquisce in commenti entusiasti.
Quando Camillo annota: Tutti gli altri blog, invece, parlano di lei. Insomma i pipparoli ci sono cascati. E la signorina qui sopra ha vinto, si lascia sfuggire il punto fondamentale: che tutti i pipparoli ne parlano, sì, ma male. E qui non siamo in tv o sui giornali, non funziona la logica del “purché se ne parli”. Qui le bocciature contano molto più dei complimenti, e Google è un giudice implacabile, che registra gli uni e soprattutto le altre. (E inesorabilmente continua a registrare anche le belle e le pessime figure di Camillo).
A questo punto ognuno è libero di fare quel che vuole e quel che può. Io, nel mio piccolo, posso contribuire a far girare una voce: il Foglio è un giornale volgare, che abbassa il dibattito politico a livelli sotto i quali è impossibile andare. E lo ripeto: il Foglio è un giornale volgare, che abbassa il dibattito politico a livelli sotto i quali è impossibile andare. E mi fermo: non voglio che diventi un mantra. Ma se siete d’accordo, siete pregati di far girare la voce. È Viral Marketing, fa bene all’economia. Saluti.
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