Vedrete forse che questo è un po’ diverso dal solito. È un pezzo del 1998, mai pubblicato sull’house organ dell’Associazione Volontari Pubblica Assistenza di Modena.
Lo tiro fuori perché, malgrado segni un po’ il tempo (si parla di Clinton, Foucault, Panorama e l’Espresso), parla di un argomento di folgorante attualità: la masturbazione. O no.
Onan e l'interpretazione dei sogni (e delle storie)
Sesso e bugie al tempo dei patriarchi
Onan è il secondogenito di Giuda, figlio a sua volta di Giacobbe-Israele (figlio di Isacco figlio di Abramo). Suo fratello maggiore, Er, si "rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire" (Genesi 38,7), lasciando vedova la moglie Tamar. Secondo una legge nuziale chiamata levirato, che compare qui per la prima volta nella Bibbia, Onan è costretto dal padre Giuda a sposare la vedova, onde dare "una posterità al fratello".
Ora, attenzione, "Onan sapeva che se fosse nato un figlio, non sarebbe stato suo", e che quindi i beni derivanti dalla primogenitura sarebbero andati al figlio avuto da Tamar, non a lui. Egli accetta di sposare la cognata, ma "ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva [il seme] per terra" (Genesi 38, 9). Oggi non sarebbe ritenuto un fatto grave, ma al tempo dei patriarchi, quando c'erano interi popoli da dare alla luce, si trattava di uno spreco imperdonabile. E infatti "ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui".
La storia dell'onanismo - che, per inciso, più che alla masturbazione sembra alludere a una pratica di controllo delle nascite tollerata e benedetta dalla chiesa cattolica - finirebbe qui. Ma il racconto di Tamar è solo a metà. Infatti a Giuda è rimasto un terzo figlio, Sela. La legge del levirato, implacabile, pretenderebbe che Tamar si sposasse per la terza volta. Ma Giuda stavolta esita, forse comincia a pensare che sia la nuora a portar disgrazia, insomma le chiede di tornare per il momento a vivere con la madre, in attesa che Sela sia cresciuto.
Tamar capisce che si tratta forse di aspettare all'infinito, e non ci sta: si considera, e la legge le dà ragione, la detentrice della primogenitura di Giuda. E decide allora di dare alla storia un piglio boccaccesco: un giorno, indossato un velo, va ad aspettare per strada Giuda là dove è sicura di incontrarlo. Il velo non soltanto cela l'identità di Tamar, ma è anche l'indumento che identifica la prostituta. Giuda abbocca, offre un capretto. La nuora velata resiste, non vede capretti lì intorno, chiede per il momento un pegno: il suo sigillo, il suo cordone e il suo bastone. Giuda accetta. "Allora glieli diede e le si unì. Essa concepì in lui" (Genesi 38,18). In seguito i due non si incontrano più, un capretto viene effettivamente inoltrato, ma nessuno riesce più a ritrovare la misteriosa prostituta.
Tre mesi dopo Tamar non può più nascondere il pancione. Quando la notizia del disonore viene portata a Giuda, questi ordina di trascinarla in strada e darle fuoco. Ma poi, ricevuti dalla donna il suo sigillo, il suo cordone e il suo bastone, egli cambia improvvisamente idea. Tamar non solo non ha commesso adulterio, ma anzi, col suo sotterfugio ha risolto la cosa nel migliore dei modi: non Onan, non Sela, ma soltanto Giuda, poteva dare a sé stesso un primogenito. "Essa è più giusta di me", ammette il genero-padre, apprestandosi a riconoscere come legittimo il figlio-nipote. Anzi, i due figli-nipoti, gemelli, che già litigano per uscire durante il parto… ma questa è un'altra storia.
Chi dice masturbazione dice sogno. Anche e soprattutto ad occhi aperti, magari a fissare la centrifuga della lavatrice: ma pur sempre sogno, immaginazione, racconto. Poi naturalmente una certa manualità aiuta, ma fino a un certo punto. Senza la fantasia la mano gira a vuoto. Il racconto, non la mano, sostituisce il partner. Oggi, che è ormai diventato un certo problema stabilire se siamo tutti, in partenza, dei narratori (e se quindi possiamo tutti frequentare un corso di scrittura creativa con profitto), io ho questa verità divertente da offrire: un racconto lo sa fare (sa farselo) chiunque riesca a masturbarsi. Una cosa che credo chiunque potrebbe mettersi a scrivere con un poco di impegno sono i romanzetti porno, quelli che si vendono nelle edicole.
Ma poi c'è il sogno ad occhi chiusi. Quello è notevole: è il racconto-partner che prende l'iniziativa sul suo autore (monaci e monache avevano due nomi per i demoni che tentavano i loro sogni: incubi quelli che montavano sopra alla sognatrice, succubi quelli che si infilavano sotto il sognatore). I due grandi critici di questi racconti sono stati, a secoli di distanza, Artemidoro di Daldi e Sigmund Freud. Il secondo è considerato universalmente noto, anche per il modo ossessivo in cui riesce a ricondurre qualsiasi fantasia o sogno dei suoi pazienti alla sfera sessuale: questi vengono da lui con storie di lupi, uccelli, asce, e a tutti Freud risponde: mi state parlando di sesso, quel che davvero mi volete dire è: sesso. In effetti non c’è oggetto animato o inanimato che Freud e i suoi seguaci non abbiano contribuito a erotizzare. I narratori, in ispecie i minimalisti di questo o quel periodo, devono essergli enormemente grati, perché dopo di lui è stato possibile scrivere di sesso raccontando praticamente qualsiasi cosa, anche solo descrivendo un qualsiasi soprammobile in un interno borghese.
Artemidoro - dal quale parte Foucault nel terzo volume della sua storia della sessualità - è tutto il contrario. I suoi clienti sognano di avere rapporti orali e anali con genitori, parenti, colleghi di lavoro, amici di famiglia. Se anziché esercitare nella costumata ed isterica Vienna asburgica, Freud avesse avuto pazienti del genere, gli sarebbe rimasto ben poco da interpretare. Non così Artemidoro. Per lui il sesso non è la chiave del racconto, ma soltanto il mascheramento. Farsi fare una fellatio significa opportunità di buoni affari, farla voi ad altri è segno di miseria imminente. I contemporanei di Artemidoro sognano di fare del sesso non perché non abbiano l'opportunità di praticarlo da svegli, ma perché ciò che vogliono farsi raccontare è qualcos'altro: come vanno gli affari, la salute, la reputazione. Quanto al sesso, cosa c'è poi da sapere, che si debba per forza chiedere ai sogni, e ai racconti? Mi capita di sognare corpi nudi e cose così. E ho un certo rispetto per la scienza empirica di Artemidoro: con me funziona.
Quanto ad Onan, il punito dal Signore? Il racconto biblico non afferma che il secondogenito di Giuda abbia inventato la masturbazione. Quella probabilmente c'era già, o forse no, al cronista non importa. Ciò che spiace al Signore non sta nel gesto di spargere il seme per terra, quanto nel mero retroscena economico che sottende: lasciando Tamar infecondata, Onan viola la legge del levirato e tenta di frodare il padre e la cognata usurpandone la successione. Un analista freudiano che si ritrovasse Onan sul lettino, potrebbe anche raccontargli che egli teme la vagina-cavità dentata per via di qualche trauma infantile, che soffre naturalmente la figura del padre, ecc.… ma Artemidoro sa qual è in questo caso la verità: Onan ha ben altro che il sesso in mente, ciò che gli preme è primogenitura. Per quella fondamentale primogenitura, del resto, Tamar non esita a truccarsi da prostituta, e nessuno osa darle torto: né Giuda, né il cronista, né il Signore. Ma in tutta la storia, a parte l'eccitazione improvvisa di Giuda (che mi riesce il personaggio più simpatico), non c'è traccia di desiderio sessuale. Onan non prova nulla per Tamar, Tamar non prova nulla per Giuda, ciò che questi uomini e donne si fanno non è un gioco di piacere, ma un gioco di potere. Siamo agli antipodi del Kamasutra, della beata civiltà del piacere. Siamo però, in pieno, nel nostro mondo giudaico-classico-cristiano. Dove di sesso se ne parla sempre poco e male - intanto, però, se ne parla sempre; dove un'inchiesta sui nuovi costumi sessuali degli italiani (meglio se minorenni) comunque è una cosa che ti fa comprare Panorama o L'Espresso una volta ogni tanto. E non annoia mai, stuzzica sempre, dice più o meno le stesse cose. Come la pornografia (e come il rock’n’roll).
E perché non annoia mai? Perché chi dice masturbazione dice sogno, e chi dice sogno dice racconto. E anche qui, noi, come i lettori della Bibbia, di Panorama e dell'Espresso, stiamo soltanto cercando delle storie. Storie di sesso e bugie, dove anche spargere un po' di seme per terra è gesto proibitissimo da severissime autorità morali (che poi hai un bel da cercarle dal vero, mai trovato in tanti anni un confessore che mi chiedesse se mi tocco), dove essere l'uomo più potente della terra non ti risparmia dal dover chiedere una fellatio per favore, sennò puoi incorrere in guai legali. Dove insomma il sesso, come sapeva bene Artemidoro, non è che il mascheramento, il velo di Tamar, e noi tutti ci facciamo un po' la parte di Giuda, talmente allupato da farsi fregare il bastone e il sigillo. Tanto parlare di sesso, insomma, ci nasconderebbe che in fondo il sesso non è poi così importante, che ci sono ben altre cose di cui si dovrebbe parlare con serietà e non si parla perché quelle sì, sono davvero scandalose: le primogeniture, i rapporti di potere, i rapporti economici - non il pene di Clinton, ma il suo conto in banca. Non i nostri usi e costumi sessuali, tristi o divertenti, ma il nostro prezzo: l'etichetta che sarebbe indecente mostrarci addosso (forse Il sole 24 ore è la vera pornografia).
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