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mercoledì 23 giugno 2004

Tutta colpa di Montale, 2

(continua da lunedì)

Tante cose avrei da rimproverargli ancora, ma è tardi, sempre più tardi, e in fondo il problema è un altro.

È che io sono un pasticcione che non riesce a risolvere il suo rapporto con i fogli di carta, gli appunti, i documenti, le copie conformi, le fatture, e questo è un problema, col lavoro che faccio. Con qualsiasi lavoro che io faccia. (Come un benzinaio allergico alla nafta). E di chi è la colpa? È sua.

Quel modello di scribacchino sciatto e geniale, che si prende due appunti sul retro di un biglietto del tram, poi lo scorda nel panciotto, lo ritrova cinque anni dopo in lavanderia e ci scrive una poesia – quello che non solo è disordinato di costituzione, ma pretende anche il medesimo disordine da chi convive con lui, quello che guai a svuotargli il cestino, magari c'è dentro un mottetto in stato di fermentazione.

Ed ecco che mi ritrovo una montagna di biglietti e fatture e retri di fotocopie e liste per la spesa, e maledetta, maledetta la poesia che mi viene sempre in mente in questa situazione:

Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l'inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;

le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto.
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;

le parole
non chiedono di meglio
che l'imbroglio dei tasti
nell'Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;

le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi
e disonore;

le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;

le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c'è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;

le parole
dopo un'eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute
.

(Le parole, da Satura II, 1962-1970)

Sì, Eugenio, bravo, ben detto, ma la garanzia dell'aspirapolvere, porcapaletta, dov'è, dov'è.

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