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giovedì 8 agosto 2024

Il cane da guardia di Dio

8 agosto: San Domenico di Guzmán (1170-1221), cane di Dio. 

Claudio Coello, 1865. Il cagnolino è in basso a sinistra. 

Capita a tanti santi di cambiare giorno nel calendario, ma il caso di Domenico è peculiare. Di solito i santi si festeggiano nel giorno della 'nascita in cielo', ovvero quando muoiono: quella data così importante che un giorno starà su tutti i nostri documenti e sulla tomba, vicino a un'altra data che conosciamo benissimo, mentre quella data non la sapremo mai, o solo per poche ore. Domenico però morì a Bologna il 6 agosto del 1221, giorno della Trasfigurazione del Signore; perciò, per evitare di sovrapporsi alla festività, quando nel 1234 fu canonizzato, assunse come festa il 5 agosto. Tre secoli dopo però il 5 divenne la festa per la dedica della Basilica di Santa Maria Maggiore (la Madonna delle Nevi), e Domenico fu retrocesso al 4 agosto, un giorno relativamente sgombro di santi importanti... fino al 1859, quando capita di morire proprio il 4 al curato di campagna Jean-Marie Vianney, un personaggio in cui la Chiesa scelse di investire molto a cavallo tra Otto e Novecento... sì, ma Domenico? Sarebbe un santo importante anche lui, è in sostanza quello che ha inventato gli ordini mendicanti, fondandone il primo (l'Ordine dei Predicatori) i cui membri ancora oggi sono chiamati col suo nome: frati domenicani. Perché deve sempre spostarsi lui?  Probabilmente l'idea è che siccome si è spostato sin dall'inizio, svincolando subito la sua festa dal giorno della morte, a quel punto tanto vale continuare a spostare lui, che c'è abituato; ecco, questo è proprio un tratto tipico di Domenico, un santo che dove lo metti sta. 

Di lui non sappiamo tantissimo perché alla fine la vita di un santo non è che debba essere per forza un romanzo; rispetto ad altre figure anche coeve, quasi completamente trasfigurate dalla leggenda, la biografia di Domenico sembra quella di un uomo vero che visse nel mondo vero, con le sue contraddizioni. Domenico si diede parecchio da fare, stimolato dall'eresia catara che soprattutto nel Mezzogiorno francese era ormai diventata una nuova religione organizzata, con vescovi che reggevano intere comunità. La Linguadoca ormai era una terra di missione e come tale aveva bisogno di missionari, una figura che nel Basso Medioevo non esisteva; gente coraggiosa e intraprendente, pronta a battere la provincia ostile senza armi che non fossero l'esempio e la parola. Una grande idea che Domenico riuscì a trasformare in un Ordine, più o meno nello stesso periodo in cui in Italia centrale Francesco d'Assisi otteneva il permesso di fondare comunità basate sulla povertà; ma se Francesco fu sin dall'inizio un personaggio da romanzo, che stimolava leggende incontrollabili, Domenico per contrasto sembrava un tipo assai più tranquillo, un professionista della predicazione senza molti grilli per la testa. 

Pedro Berruguete

Di lui gli agiografi non sapevano bene cosa raccontare: lo si capisce dalla quantità di episodi che si sono inventati, copiandoli da altri santi. Nel Quattrocento ad esempio Domenico diventa l'inventore del rosario, probabilmente perché qualcuno lo confonde col Domenico di Prussia. Da neonato, si dice, le api si posavano sulle sue labbra, uno dei miracoli in assoluto più raccontati e che probabilmente nasce da un'antica metafora che serviva a complimentarsi con i bravi oratori. Quando – abbastanza presto – i domenicani scelgono come abito il saio bianco con la cappa nera, di Domenico si comincia a raccontare che sua madre la notte prima del concepimento aveva sognato un cagnolino bianco e nero che portava tra i denti un tizzone acceso per rischiarare l'universo; cosa che era già capitata alle madri di san Gregorio, di san Bernardo e san Giuliano di Cuenca. L'associazione al cane può anche essere stata suggerita dal fatto che la festa di Domenico si celebri nei giorni della canicola, i più caldi dell'anno. Per gli uomini del Medioevo era un fatto assodato che le elevate temperature di questo periodo dell'anno fossero concausate dalla presenza nascosta della stella Sirio (il cane di Orione), che tra luglio e agosto sorge in cielo poco prima dell'alba. In questo periodo venivano festeggiati diversi santi che avevano a che fare coi cani: Bernardo, Cristoforo, persino il cane Guinefort... e Domenico.

Nel suo caso il sogno del cane assume una tinta inquietante, non solo perché i domenicani venivano definiti, con un gioco di parole da sagrestia, "cani di Dio" (Domini canes), ma perché dopo la morte del fondatore diventeranno il principale servizio di intelligence del Pontefice, e avranno un ruolo fondamentale nello sviluppo della Sacra Inquisizione; per cui forse quel tizzone, oltre a rischiarare l'universo, serviva anche a incendiarlo un poco. Questa svolta autoritaria  Domenico non poteva prevederla, ma ne divenne comunque il simbolo. A fine Quattrocento l'Inquisizione spagnola ordina al pittore Pedro Berruguete un quadro in cui Domenico in costume bianconero presiede un 'autodafé: gli eretici sono già legati al palo e cominciano a bruciacchiare, Domenico è seduto su un vero e proprio trono, sul palco d'onore. Sono raffigurazioni come queste a rendere Domenico, e il suo ordine, i bersagli preferiti della propaganda protestante, pochi anni dopo; del resto era domenicano il famigerato fra' Tetzel, inviato dal Papa a far cassa in Germania spacciando indulgenze, con lo scandaloso slogan Sobald der Gülden im Becken klingt / im huy die Seel im Himmel springt ("appena la moneta va nella cassetta, l'anima in cielo sale benedetta"). 

Domenico, per quel poco che sappiamo, non era quel tipo di frate. Non vendeva il paradiso a peso d'oro, e non riteneva giusto bruciare gli eretici, in un'epoca in cui era già un'opzione. L'Ordine che aveva fondato doveva servire all'esatto opposto: a convincerli con le parole, non coi tizzoni ardenti. Uno dei pochi aneddoti che non sembrano essere copiati da altri santi è quello dell'oste di Tolosa. Domenico era venuto a passare la notte nel suo ostello, ma quando si accorge che l'oste è cataro, si mette a discutere con lui finché all'alba non lo converte. Anche nella storia di Domenico, come in quella di Francesco, è possibile leggere in controluce una sconfitta; Francesco voleva creare una nuova società di poveri, che divenne immediatamente qualcosa di diverso. Domenico voleva ri-evangelizzare la Linguadoca, ma se alla fine dei suoi giorni lo troviamo a Bologna non è un caso; in Linguadoca non c'era più spazio per i predicatori: i catari sconfitti dalla crociata venivano sistematicamente sterminati. 

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